Il piano industriale della Rai 2013-2015, approvato il 9 aprile scorso dal consiglio di amministrazione di Viale Mazzini, ha diverse priorità, ma uno dei primi punti su cui il direttore generale Luigi Gubitosi concentrerà la sua attenzione è il riassetto dei canali digitali Rai.
Il servizio pubblico italiano, infatti, può vantare una offerta complessiva di 15 canali (inclusi Rai 1, 2, 3 ed Rai News), ovvero la più ampia rispetto agli altri broadcaster pubblici europei: in Inghilterra sono otto, in Francia cinque, in Germania 12, in Spagna sette. Gli 11 canali non generalisti, quelli nati grazie al digitale terrestre, hanno ascolti complessivi sulle 24 ore nel periodo marzo 2012-marzo 2013 pari al 6,28% di share e a 670.947 spettatori, ovvero 85 mila in meno di Rai Due, il meno visto dei tre canali storici Rai. Di certo, quindi, l’offerta Rai è molto variegata ed esaustiva da un punto di vista dei contenuti. Ma, considerando le audience, sono pochi i canali per i quali l’esistenza è giustificata anche sotto un profilo economico.
Sei canali Rai del dtt sono sotto lo 0,5% di share; cinque fanno, insieme, l’ascolto di Rai Premium (1,29%), che è il più visto dell’offerta; solo quattro canali non generalisti superano lo 0,8% di share. Riempire i palinsesti di 11 canali, e soprattutto di Rai News, Rai Sport 1 e 2, che sono tra i più deludenti quanto ad ascolti, è molto costoso. E sostenere tali spese a fronte di audience e fatturati pubblicitari bassi diventa sempre più difficile per i vertici di Viale Mazzini.
Tanto per dare qualche cifra, nel 2012 la concessionaria Sipra (Rai pubblicità), in base ai dati Nielsen, ha raccolto 62 milioni di euro per gli 11 canali Rai del digitale terrestre. Di questi, 20,5 milioni sono andati a Rai 4, di gran lunga la più appetita dagli investitori, per il suo target privilegiato (la rete guidata da Carlo Freccero ha una media di share dello 0,87% sulle 24 ore nel periodo marzo 2012-marzo 2013), e poi 14 milioni di euro a Rai Premium (1,29% di share), 8,6 milioni a Rai Movie (0,94% di share) e 5,6 milioni a Rai news (0,58% di share). Rimangono 13,3 milioni, ovvero le briciole, per gli altri sette canali: dai cartoon di Rai YoYo (1%) e Rai Gulp (0,37%) ai documentari di Rai Storia (0,15%), fino ai match di Rai Sport 1 (0,44%) e Rai Sport 2 (0,32%), la cultura di Rai 5 (0,31%) e le lezioni di Rai Scuola (0,01%).
Gubitosi, in sostanza, deve capire se la Rai può ancora permettersi un ventaglio così ampio di canali gratuiti, poiché il bilancio 2012 del gruppo si è chiuso con un rosso di 230 milioni. E anche se il canone Rai è salito a 113,5 euro nel 2013 (+1,4% sul 2012), la raccolta pubblicitaria ha parecchi problemi: nel 2012 è scesa del 23,5% sul 2011, e nel 2013, nonostante l’impegno del nuovo direttore generale di Sipra-Rai Pubblicità, Fabrizio Piscopo, in gennaio il calo del fatturato è stato del 17,4% sullo stesso mese del 2012 (59,3 milioni di euro, rispetto ai 71,8 mln del 2012), a fronte di spazi pubblicitari solo lievemente inferiori (830 mila secondi in gennaio 2013, rispetto agli 855 mila secondi del gennaio 2012, -3%).
Urge quindi una strategia unitaria sul digitale terrestre, sia in termini di target che di offerta, a dettare la quale potrebbe essere chiamato, secondo alcune indiscrezioni, Giorgio Gori, fondatore della casa di produzione Magnolia ed ex direttore di Canale 5. Antonio Campo Dall’Orto, invece, appena uscito dal gruppo Viacom-Mtv, ha un patto di non concorrenza di sei mesi, e quindi non può essere, per ora, della partita.
Fonte: ItaliaOggi
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