Il mercato italiana della raccolta pubblicitaria è ancora “particolarmente concentrato“. E il dominio di Mediaset mette a rischio gli effetti positivi digitalizzazione. Lo rivela (ma non è proprio una grande sopresa) l’Agcom nella sua “Indagine conoscitiva sulla raccolta pubblicitaria“.
Secondo l’Authority, infatti, nonostante l’avvento della tv digitale terrestre, la frammentazione dell’offerta tv e la moltiplicazione di canali, il gruppo Fininvest – Mediaset si conferma “in posizione dominante” seguita, come al solito dalla Rai, che, in ragione della propria missione di servizio pubblico, soggiace a vincoli legislativi più restrittivi in materia di affollamento pubblicitario, che ne condizionano inevitabilmente la capacità competitiva. Nonostante la sostanziale equivalenza in termini di quota di mercato tra Sipra e Publitalia ’80 calcolata sull’audience (ed anzi nel 2010 a fronte del 41% di Rai, Mediaset deteneva il 37%, per un audience complessiva di quasi l’80%) , l’Agcom rileva una sproporzione “sempre maggiore dei ricavi da spot fra i due operatori, con il Biscione che realizza il 62% della quota complessiva (57% se si considerano anche gli spot delle tv locali), mentre la tv pubblica raccimola solo il 24%”.
La circostanza in esame “risulta passibile di perpetrare la situazione di duopolio stabile, dal lato dell’offerta di contenuti, tradizionalmente rinvenuta nel settore, vanificando l’occasione, creata a seguito della moltiplicazione dei canali come conseguenza del passaggio al digitale, di accrescere le potenzialità competitive del secondo operatore del mercato”. Da un punto di vista dinamico, se si opera un confronto con i dati dell’indagine conoscitiva dell’Antitrust del 2003 relativi al solo ambito nazionale televisivo, emerge come nonostante una leggera riduzione del tasso di concentrazione, questo rimanga stabilmente assai elevato (e superiore a quello degli altri mercati internazionali). In pratica, nonostante il processo di liberalizzazione in atto, la concentrazione è scesa soltanto di 500 punti in più di cinque anni, rimanendo largamente al di sopra della soglia di 2.500 punti oltre la quale un mercato viene considerato strutturalmente concentrato.
Più in generale, guardando all’andamento registrato dall’Agcom tra il 2009 e il 2010, si nota che in campo televisivo i ricavi da raccolta pubblicitaria del gruppo Fininvest (che in termini assoluti registra il miglior risultato con oltre 2,6 miliardi nel 2010) sono aumentati del 7% mentre quelli della Rai sono saliti del 4,1%. Anche il gruppo Telecom Italia incassa un segno positivo con un +7,3%.
Grande crescita per News Corporation, che controlla Sky, con una crescita del 26%. Tra i gruppi editoriali in discesa, figura Rcs Mediagroup con un -13,3%; bene invece L’Espresso con un +12,3 per cento. Un lieve calo si registra per il gruppo Il Sole 24 Ore (-2,5%); per Class Editori la flessione è del 3,4%. Ottimi risultati, invece, per i ricavi pubblicitari del gruppo Caltagirone (+26%). Ma a guidare la classifica del trend positivo è Google, con una crescita tra il 2009 e il 2010 pari al 29%. Proprio in questi giorni, a seguito di alcuni controlli della Guardia di Finanza, la società italiana del motore di ricerca più famoso del mondo è accusata di pagare meno tasse del dovuto allo Stato italiano. Tra il 2002 e il 2006 BigG non avrebbe dichiarato redditi per 240 milioni di euro oltre a tributi non pagati per 96 milioni.
Fonte: Il Sole 24 Ore Radiocor
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