Continua la saga del Far West delle frequenze tv. Dopo una prima assegnazione scriteriata, che non considerò il Piano dell’Autorità per le comunicazioni (Agcom) sulle compatibilità con i paesi confinanti, il Ministero dello sviluppo economico compie l’ennesimo pasticcio digitale.
Questa volta lo scompiglio nel comparto tv è scoppiato a causa delle graduatorie (definite truffa) delle emittenti locali stilate dal dicastero per riassegnare nuove frequenze in seguito alla liberazione dei canali 61-69 UHF già venduti alle compagnie telefoniche per uso della banda larga mobile. Le classifiche pubblicate nel sito web del Ministero, valide per le tv delle regioni passate al digitale terrestre prima del 2011, hanno sollevato forti polemiche e vibranti proteste, e hanno attivato numerosi ricorsi presso il Tribunale Amministrativo del Lazio, che hanno provocato alcune sospensive dei provvedimenti ministeriali.
Per stilare le graduatorie si sono stati scelti 4 parametri: il patrimonio, il numero dei dipendenti, la copertura tv, e la valenza storica dell’emittente. Anche se quest’ultimo, sottolinea Il Sole 24 Ore, ha pesato in minima parte nel conti finali. «Sul patrimonio – denuncia Filippo Ribecchini, presidente dell’emittente laziale SuperTre – hanno preteso la separazione contabile da bilancio delle attività di operatore di rete da quelle di fonritore di contenuti, senza che esista una disposizione di legge in tale senso e senza che nello schema di bilancio europeo sia prevista tale distinzione. Moltre emittenti così hanno avuto zero alla voce patrimonio, congrave danno per le più importanti».
Anche sulla copertura del segnale si è fatto un clamoroso pasticcio. I dati di misurazione infatti provengono dallo stesso Ministero che ha registrato le coperture diversi anni fa, ai tempi dell’ex ministro Romani del governo Berlusconi. Ad esempio, il diritto d’uso concesso a un tv nella provincia di Roma ha fatto schizzare la valutazione della copertura, misurata in base alla relativa popolazione. Mentre altre emittenti che avevano il diritto d’uso su una frequenza per tutta la regione sono state penalizzate. Nel Lazio al primo posto in graduatoria si sono posizionate ex-equo 4 tv locali (Televita, Trsp, Canale7, Telecapri), anche se trasmettevano già su un’unica frequenza (65 UHF) e anche se registrano dati molto differenti per numero di impiegati e per copertura. Le 4 emittenti avranno il diritto d’uso del canale 41 UHF (il migliore tra quelli assegnabili nel Lazio) per 20 anni.
Ribecchini continua la sua accusa: “SuperTre per anni è stata in testa agli ascolti. Ora è in 17esima posizione, l’ultima utile per ottenere una frequenza. Faremo ricorso al Tar!”. Molte emittenti escluse dalle graduatorie sono state costrette a chiudere i battenti (in Alto Adige Valsugana tv, in Lombardia Telemonteneve, Mantova Tv e Televallassina, nel Lazio Telestudioroma, solo per citarne alcune). Altre, per continuare a trasmettere, dopo un lungo periodo di inattività sull’etere (40-50 giorni in media), dovranno invece a noleggiare la capacità trasmissiva su multiplex di chi ha ottenuto il diritto d’uso.
In questo nuovo caos di canali e frequenze, il Tar del Lazio sta cominciando ad accogliere i ricorsi delle tv e ha concesso le prime sospensive cautelari sulle classifiche ministeriali, in attesa delle prime udienze previste per gennaio. Il Ministero è corso ai ripari per le graduatorie di Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, pubblicando una graduatoria ricorretta, con tanto di ingiunzione rivolta alle emittenti di recarsi in alta montagna durante le feste per cambiare le frequenze.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Mantova Tv non ha chiuso per perdita di frequenza (era su un 39 UHF) ma per motivi economici che si trascinavano da parecchio tempo.