«L’Italia aiuti le grandi aziende». E’ quanto chiede in un’intervista al Corriere della Sera, Andrea Zappia, numero uno di Sky Italia, spiegando che di giovani «potremmo assumerne a centinaia, ma ci vorrebbero un sistema economico più aperto, regole certe, un fisco non punitivo, un mercato del lavoro regolato in modo più moderno, la protezione del diritto d’autore. In un Paese normale, niente di impossibile. A quel punto il sistema televisivo potrebbe davvero trainare la ripresa».
«Parliamo di un settore importante — spiega Andrea Zappia —con fatturato e investimenti che negli ultimi dieci anni sono raddoppiati. Il punto è che la redditività è ridicola, lo 0,4% nell’ultimo anno, roba da old economy. Con queste cifre, quasi non vale la pena, la mattina, di alzarsi per andare a lavorare. Le do un dato su Sky basato su uno studio della Fondazione Rosselli: nell’ultimo decennio è stato il più grande investitore estero in Italia. Nei primi 8 anni, abbiamo investito per 9,2 miliardi di euro, con un impatto stimato sull’economia italiana di 19,2 mld, l’1,3% del Pil, dando lavoro a quasi 8.000 persone in modo diretto e a quasi 15.000 considerando l’indotto. Con questi tassi di redditività, come può venir voglia di continuare a investire?», si chiede Zappia.
«I mercati vanno lasciati liberi o aiutati a svilupparsi, non tenuti imbrigliati. C’è sempre grande paura rispetto a ciò che è grande. Prenda Sky Italia: la nostra dimensione è la metà di quella di Sky Gb. Il sistema non ha saputo capitalizzare l’aumento di ricchezza del settore generato dalla pay-tv che, pure, lo ha arricchito per 3 miliardi. Si è creata un’offerta vastissima, ma spesso di qualità molto bassa. E la frammentazione è il grande nemico di questo mercato».
«Le faccio l’esempio delle frequenze tv digitali terrestri: in Italia ce ne sono molte più che negli altri grandi Paesi europei, 21 multiplex contro i 6-7 medi di Francia, Germania e Gran Bretagna. E se ne stanno per mettere sul mercato altre, nonostante ce ne siano già di vacanti. Così non si crea valore, lo si distrugge».
«Qualcuno ancora definisce Sky “dominante sul satellite“, come se non fosse vero che tutti competiamo sullo stesso mercato. Il rischio è di non riuscire a capitalizzare un settore importante. Sky ha fatto uno sforzo per far capire che una tv migliore va pagata e, nello stesso tempo, se non ci fosse stata Sky, non guarderemmo la tv in “hd”, non potremmo mettere in pausa la tv in diretta, non potremmo vederla mentre siamo in viaggio o lontani dai televisori e così via dicendo».
Inoltre, «i ricavi complessivi dalla vendita dei diritti tv del calcio sono cresciutimolto in Italia: siamo passati dai circa 420 milioni di euro del 2002-2003 (pay-free) a ben oltre un miliardo di euro. Le grandi leghe europee vendono i diritti tv in esclusiva. L’Italia è l’unica che si sottrae, ma così non crea valore. E senza valore, alla lunga, non c’è sostenibilità. La battaglia dei prezzi al ribasso non fa bene a nessuno». Zappia conclude dicendo che «all’estero sono molto più bravi a raccogliere risorse: la Premier League incassa in diritti esteri quasi un miliardo di sterline, la Serie A in Italia 120 milioni di euro…».
Fonte: CorSera