La riforma soft della Rai pensata dal governo Monti continua a far nascere mille ipotesi di cambiamento. Una revisione promessa del sistema televisivo pubblico, ma ancora lontana e incerta, del tutto simile a quella fatta per la gara a beauty contest per le frequenze tv. La legge Gasparri non si tocca (ha imposto il Pdl), e l’ipotesi del commissariamento si raffredda, soprattutto per non intaccare i problemi di bilancio dell’azienda di viale Mazzini.
E allora cosa fare? Il 28 aprile scade il Cda e, secondo il Corriere della Sera, Mario Monti nelle ultime ore avrebbe messo a punto un’ipotesi di lavoro per rinnovare i vertici di viale Mazzini, ascoltando sia le richieste del Pd sia quelle del Pdl. Il presidente del consiglio starebbe puntendo su una sorta di «moral suasion» nei confronti delle forze politiche: nessun cambiamento di leggi ma una intesa stabilita sulla responsabilità politica, con un decalogo concordato tra le parti.
Primo: niente politici tra i membri del Consiglio di amministrazione. Secondo: niente ex politici. Terzo: solo personaggi di alto livello culturale e manageriale, di riconosciuta competenza nel settore radiotelevisivo e dei new media, non espressione diretta degli apparati dei partiti. Insomma un altro governo “tecnico” stavolta per la Rai.
Una proposta che difficilmente sarà accettata, ma che potrebbe attuare la svolta sulla questione riforma Rai. Ma un Cda senza politici, o amici di politici, o parenti di amici di politici non avrebbe lo stesso effetto della modifica anti-lottizzazione della legge Gasparri bloccata prontamente dal partito di Alfano?
Comunque secondo il CorSera il ministero dell’Economia andrebbe a scegliere un manager come proprio Consigliere Rai. Mentre per il direttore generale (per Monti il candidato ideale resterebbe Enrico Bondi, risanatore della Parmalat) il Consiglio dovrebbe impegnearsi a trasmettergli ampi poteri operativi, alzando per esempio il suo potere di spesa ben al di sopra dei 2,5 milioni attuali.
Secondo alcune interpretazioni però l’articolo 26 dello Statuto Rai prevede deleghe ma solo all’interno del consiglio stesso. Con questa seconda lettura giuridica, molte deleghe potrebbero invece essere affidate al presidente. Potrebbe così nascere un vertice Rai con un Cda comunque dai poteri ridotti, con una forte presidenza operativa e un direttore generale-manager.
Fonte: Il Corriere delle Sera