Nel governo delle larghe intese e dei soliti noti, il Pdl fa partire l’assalto alla televisione pubblica. E se persino Renato Schifani, ex presidente del Senato, s’infila nei cunicoli Rai, vuole dire che l’operazione berlusconiana avrà uomini e mezzi per essere incisiva: “Mi segnalano gravi anomalie”, dice l’avvocato siciliano.
Schifani sarà il capofila dei senatori Pdl in commissione di Vigilanza, la bicamerale che controlla a distanza viale Mazzini, per gentile concessione di quel famigerato testo di legge che porta il nome di Maurizio Gasparri. Proprio quello che ha provocato le pesanti sazioni sul mercato tv italiano da pare della Commissione europea, da eliminare con l‘asta per le frequenze.
E anche Gasparri non mancherà. Il partito delle libertà (anche catodiche) di Berlusconi schiera i pezzi più pregiati: Paolo Romani, ex ministro per le Telecomunicazioni e creatore del concorso di bellezza per i canali tv; Paolo Bonaiuti, ex sottosegretario e indefesso portavoce e Augusto Minzolini, l’ex direttore del Tg1 ora arruolato in politica. La Camera spedirà in avanscoperta gli ex ministri Renato Brunetta e Mariastella Gelmini; l’esperto Giorgio Lainati, un ritorno e Luca D’Alessandro, ex ufficio stampa di Forza Italia.
I nove parlamentari non si scomoderanno per fare passerella, il Cavaliere vuole far sentire la pressione ai vertici di viale Mazzini che, negli ultimi mesi, hanno sfruttato il vuoto di potere, anzi: il palazzo fisicamente vuoto. Ai berlusconiani non sono piaciute le ultime nomine di Gubitosi: la sostituzione di Mauro Mazza a Rai1, i contratti onerosi a Roberto Benigni (ma sembra una scusa, lampante), i nuovi programmi e, soprattutto, l’isolamento del Consiglio di amministrazione, dove il Pdl conta pochissimo. I sudditi berlusconiani puntano a sottrarre la presidenza ad Anna Maria Tarantola, molto legata a Mario Monti e in sintonia con Gubitosi.
La riforma finanziaria e strutturale di viale Mazzini, che l’azienda ha inaugurato con 600 esodi per la pensione anticipata, è sfuggita di mano ai partiti. La Vigilanza ha poteri circoscritti, ma può influire tantissimo per il rinnovo del contratto di servizio, l’accordo che lega la televisione pubblica all’azionista Tesoro attraverso il canone d’abbonamento. E non vanno dimenticate le antiche, e mai sepolte, paturnie per pluralismo e contraddittorio.
La gestione di Gubitosi riparte da un bilancio spaventoso: quasi 250 milioni di perdite in un anno, un debito consolidato di 370 milioni. La politica ha lasciato l’azienda esangue e adesso la stessa politica vuole rientrare senza aver espiato peccati. Il direttore generale dovrebbe scavallare il 2013 per poi entrare nel giro di nomine per le multinazionali partecipate dal Tesoro – da Finmeccanica a Ferrovie e da Enel a Eni – che si terrà il prossimo aprile. Più scivolosa la posizione del presidente Tarantola, che non gode più di una protezione per amicizia e stima reciproca di Mario Monti.
Ma prima di pensare al settimo piano di viale Mazzini, dove siedono i vertici, i berlusconiani vogliono riconquistare le posizioni di comando: vogliono un buon atterraggio per Mauro Mazza, cacciato in malo modo da Rai1; vogliono usare per pretesto l’assoluzione di Augusto Minzolini; vogliono un risarcimento per l’addio indotto di Gianfranco Comanducci, il vicedirettore generale che per anni aveva disegnato l’azienda a sua immagine nonostante i dg; vogliono più potere e poltrone per poter interferire come sempre. Nessun archivio di agenzie di stampa, di quotidiani o mensili può ricordare una dichiarazione di Schifani sul tema Rai: se adesso di muove l’ex presidente del Senato, vuol dire che nelle retrovie c’è agitazione. E anche nei saloni di Arcore.
Fonte: Il Fatto Quotidiano