Caos Rai: Garimberti chiama Monti. Sindacati sul piede di guerra

Il voto sulle nomine marchiate Pdl e Lega al Tg1 e ai Tgr, che ha spaccato il Cda Rai e ha portato alle dimissioni di Nino Rizzo Nervo (consigliere del Pd), ha fatto esplodere il caos al settimo piano di viale Mazzini.  Per Giorgio van Straten è giunta l’ora di cambiare Cda e governance della tv pubblica. E chi può intervenire se non l’azionista di maggioranza della Rai, cioè il Ministero dell’Economia?

Mario Monti infatti, secondo La Repubblica, sarebbe pronto alla riforma, e si dice che abbia convocato il presidente Rai, Paolo Garimberti, per discutere sul da farsi. «Non è vero che ho un appuntamento con il presidente del Consiglio. Ho chiesto un incontro e sto aspettando una risposta», spiega Garimberti, che ha in serbo un progetto di cambiamento della governance per liberare la Rai dalla morsa dei partiti.

Insorge logicamente dal Pdl Maurizio Gasparri, titolare dell’attuale legge sul sistema radiotelevisivo: «Garimberti può incontrare chi vuole, ovviamente. Mentre è meno ovvio che si riduca a piccolo megafono della sinistra. Ma le sentenze della Corte costituzionale non le può ignorare nessuno. Il governo non può, a maggior ragione, scavalcare il Parlamento. Si mettano tutti il cuore in pace». Controreplica di Garimberti: «Sono un uomo libero, non sono il megafono di nessuno e ricordo a Gasparri che la Rai ha un’azionista, il ministero dell’Economia. Ed è all’azionista, come ho già fatto in passato sempre da presidente della Rai, che ho chiesto un incontro istituzionale».

Ma la riforma della Rai non può passare di certo con un decreto governativo. Berlusconi farebbe le barricate in Parlamento. La soluzione immediata sarebbe il cambio a marzo del Cda, con le attuali regole della Legge Gasparri. Il Tesoro come azionista indica un consigliere e il presidente, che deve essere votato dai due terzi della Commissione di vigilanza. Il governo può suggerire il direttore generale al Cda Rai che deve votarlo. Il nodo della questione si scioglierà sempre attraverso la Commissione di vigilanza che può votare per 7 consiglieri Rai, la quale però è orfana di una maggioranza, perchè l’attuale rapporto tra centro-sinistra e centro-destra è di 20 commissari contro 20.

Comunque sia, Garimberti non si dimette continuando sulla sua linea. Resta anche Giorgio van Straten: «Pur rispettando le motivazioni che hanno portato Nino Rizzo Nervo a dimettersi, credo che sia più utile e coerente, in questa ultima parte del mandato, continuare dall’interno del consiglio di amministrazione la battaglia in difesa della Rai». Definisce l’aver votato Lorenza Lei alla direzione generale «l’errore più grave della mia vita professionale». Resta anche Antonio Verro, consigliere Pdl molto vicino a Berlusconi, che lascia la Camera (dove ieri sono state approvate le sue dimissioni) per proseguire il suo mandato alla Rai.

Intanto l’Usigrai, il sindacato interno dei giornalisti Rai, annuncia per il 9 febbraio un voto di sfiducia a Lorenza Lei, e a breve, annuncia il sindacato, «sarà convocata l’assemblea nazionale dei comitati di redazione perchè faccia altrettanto». Anche l’Adrai (i dirigenti Rai) parla di «inadeguatezza dei vertici aziendali» e si appellano alle istituzioni perchè assicurino una guida certa e affidabile. Infine il comitato di redazione del Tg1 ha fermamente condannato la nomina di Alberto Maccari a maggioranza, ma attende i risultati, dopo lo sfacelo di ascolti e della qualità d’informazione provocato da Minzolini.

Fonti: Il Corriere della Sera | L’Unità | Il Manifesto

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