Crisi tv locali, le emittenti piemontesi chiedono una legge regionale

Il sistema di informazione locale del Piemonte è da tempo in crisi e le emittenti per sopravviviere chiedono nuovi incentivi al settore.

In questi giorni Telesubalpina, storica tv locale nata nel lontano 1976 grazie alla Diocesi di Torino, ha chiuso i battenti e i dodici dipendenti sono in cassa integrazione a zero ore perché la proprietà (passata a Multimedia San Paolo) si è trovata senza l’appoggio della Cei (che ha scelto Sat 2000) e della Curia di Torino. Allo stesso tempo Videogruppo ha intrapreso la via della Lombardia, con un radicale cambio di proprietà, e anche la tv laico-moderata Grp combatte un’impegnativa battaglia per restare a galla, come la larga maggioranza della ventina di emittenti rimaste in Regione.

Il segretario dell’Associazione Stampa Subalpina, Stefano Tallia, ha denunciato che la crisi rischia di precipitare, perché in parecchie testate stanno per scadere gli ammortizzatori sociali e perché manca una legge di sistema su base regionale. Valutazioni condivise da due autorevoli esponenti del direttivo della Confindustria RadioTv, Piero Manera di Retesette e Davide Boscaini di Quartarete, uniti nel chiedere a Sergio Chiamparino una legge piemontese analoga a quella della Sardegna, con un forte sostegno alle innovazioni tecnologiche, per consentire alle tv locali di non soccombere di fronte ad Internet, ma di utilizzare i social-network per una nuova presenza piemontese nell’etere, senza confini regionali o nazionali.

Il sostegno alle tv locali non ha soltanto un riferimento all’occupazione di alcune centinaia di persone, tra cui alcune decine di giornalisti; non si tratta unicamente di chiedere al Governo Renzi la proroga, dopo maggio, della cassa in deroga; in primo piano c’è una rilevante questione politico-culturale, che riguarda il pluralismo informativo nella Regione Piemonte. Non un’elemosina ma un investimento di libertà e sviluppo, in una Regione che si propone una presenza prioritaria nel mondo della cultura, dello spettacolo, del turismo.

Paradossalmente le maggiori tv locali hanno investito molto nel digitale, ma con scarsi risultati, come segnala PierMaria Toselli di Telecupole (che vanta un primato regionale con 170 mila ascolti quotidiani). L’emittente della Granda ha speso tre milioni per passare al digitale terrestre, ma con pochi frutti, perché il sistema televisivo (regolato ahimè dalla famogerata legge Gasparri) ha privilegiato solo le tv nazionali (Mediaset e Rai) anche nelle frequenze (ne sa qualcosa Quartarete, che ha pagato ingiustamente con periodi di non visibilità e con l’esproprio legalizzato di un canale).

Le tv locali sono consapevoli del periodo di magra delle finanze regionali. Ma la crisi non può essere ulteriormente affrontata senza interventi, anche per quelle tv che sinora non hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali (come Retesette e Telecupole). Sul piano nazionale, mentre si apre il confronto parlamentare sulla riforma della Rai, non è eludibile il tema della pubblicità, con una torta milionaria al duopolio Rai-Mediaset, una fetta minoritaria alla carta stampata (nonostante impieghi l’80% dei giornalisti), sostanzialmente le briciole al sistema radio-televisivo privato locale. Secondo l’Associazione Stampa Subalpina i parlamentari piemontesi possono assumere iniziative di rilievo per risollevare il comparto, per evitare che il sistema televisivo locale vada al collasso, e per impedire che la Regione rimanga senza voci e informazione.

Fonte: La Repubblica Torino

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Redazione
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