Svolta nella querelle sul copyright dei video online targati Mediaset. Secondo la Corte d’appello di Milano Yahoo! non è direttamente responsabile dei filmati caricati, ma deve rimuoverli dopo la segnalazione.
I giudici della Corte d’appello hanno infatti ribaltato pochi giorni fa la clamorosa sentenza in primo grado nella causa per violazione di copyright tra Yahoo! e R.T.I., stabilendo che le piattaforme di videosharing non sono direttamente responsabili della pubblicazione da parte degli utenti di video coperti dai diritti d’autore, ma sono comunque tenute a rimuoverli su segnalazioni (che devono essere «qualificate, puntuali e circoscritte»). «L’hosting provider non è per natura un soggetto attivo, non deve rispondere dei contenuti caricati dai propri utenti salvo che a seguito di segnalazioni circostanziate, né deve essere chiamato ad essere un soggetto attivo da qualsivoglia detentore dei diritti, che non può pretendere che la piattaforma filtri preventivamente i contenuti, ergendosi a giudicare il distillato delle libertà dei cittadini della Rete», sono le motivazioni della Corte milanese.
Mediaset dal 2008 ha intentato una ventina di cause contro i portali di videosharing con enormi richieste di danni: 500 milioni solo nei confronti di Google. Il Biscione lamenta il fatto che permettendo a qualunque utente di caricare e guardare video prodotti da altri, i provider abbiano la possibilità di guadagnare ingiustamente attraverso la raccolta pubblicitaria. E richiede il controllo preventivo e la rimozione automatica dei propri contenuti da parte dei portali. Nel 2011 ha portato in tribunale Yahoo! per la pubblicazione di frammenti di sue trasmissioni tv (Amici, Il Grande Fratello, Striscia La Notizia) caricati dagli utenti su Yahoo! Video (portale che non esiste più): i contenuti potevano poi essere commentati e visionati gratuitamente da altri utenti senza bisogno di registrarsi. R.T.I. ha poi chiesto oltre 200 milioni di euro di danni. La sentenza di primo grado (10893/2011) ha stabilito che Yahoo! era responsabile di violazione del copyright.
Secondo i giudici d’appello, all’epoca dei fatti Yahoo! erogava un servizio di pubblica fruizione video e non ha avuto ruolo di hosting attivo: il portale infatti non partecipava attivamente all’azione di caricamento né lo ha alterato. Yahoo! è tenuta a rimuovere i contenuti dopo la segnalazione dei titolari del diritto d’autore o dell’autorità garante (come richiede la direttiva sul commercio elettronico 2000/31/Ce, che non impone infatti obblighi di vigilanza preventivi), cosa che il portale ha provveduto a fare una volta ricevuti i riferimenti adeguati dei video (i loro url). Mediaset, che intende comunque ricorrere in Cassazione (confidando nel ruolo di arbitro della Corte Suprema), è stata condannata a liquidare 150mila euro di spese processuali a Yahoo! Italia e 92mila a Yahoo! Inc.
La decisione del tribunale di Milano è destinata a fare giurisprudenza in tutto il settore dei diritto d’autore, uniformandosi, di fatto, alle norme già in vigore all’interno dell’Unione europea. La Corte Ue ha limitato in modo incisivo la possibilità di ritenere un provider responsabile dei contenuti pubblicati dagli utenti e che se lo obbliga, una volta ricevuta una segnalazione “qualificata, puntuale e circoscritta” a porre fine alla violazione.
«La sentenza – dice l’avvocato Marco Consonni dello studio Orsingher Ortu intervistato da La Repubblica e da Punto Informatico – riforma integralmente la decisione di primo grado che fu un enorme terremoto nel mondo dei servizi di videosharing. Oggi il servizio di Yahoo! Video non esiste più, ma allora era uno dei concorrenti di YouTube». Citando la direttiva europea i giudici di Milano spiegano quindi che «l’accertamento del tribunale non avrebbe potuto spingersi a imporre all’hosting provider, ordini generali, o peggio ancora, obblighi di sorveglianza generali vietati dalla stessa direttiva». In sostanza non è possibile ritenere l’esistenza, anche solo indirettamente, di un obbligo generale di sorveglianza sui contenuti pubblicati in capo al provider, chiunque esso sia.
«Nel 2001 – prosegue Consonni – il servizio di Yahoo! Video non poteva essere qualificato come servizio di hosting di contenuti video ai sensi della direttiva europea sul commercio elettronico in quanto aveva delle carattersiche attive: non si limitava a ospitare passivamente i contenuti ma aveva una piattaforma che utilizzava la pubblicazione per creare su di essa dei servizi collegati. Non era quindi un servizio di hosting puro». Ma adesso secondo i giudici la situazione è cambiata: «Si tratta senza dubbio di un servizio di hosting di contenuti – spiega l’avvocato – che ricade nella regolamentazione della direttiva comunitaria. Il fatto che ci siano quelle funzionalità accessorie fa parte dei odierni servizi di hosting e quindi Yahoo! Italia può beneficiare del regime di limitazione della responsabilità del provider».
La sentenza ricalca la batosta subita da Mediaset in Spagna dove i giudici spagnoli della Corte d’Appello di Madrid nel 2008 rispinsero integralmente le accuse lanciate da Telecinco nei confronti di YouTube nell’ambito di una disputa sui diritti d’autore dei video dell’emittente di Mediaset Espana. «Di certo – conclude Consonni – è una sentenza estremamente importante nel panorama italiano. La creazione della figura dell’hosting attivo era un’anomalia nel panorama europeo. In pratica succedeva che un provider con attività paneuropee fosse disorientato rispetto alle iniziative da prendere in Italia. Ora è chiaro che spetta a un giudice ordinare di rimuovere un determinato contenuto, mentre per la decisione del 2011 bastava l’ingiuzione da parte del titolare dei diritti, pena la responsabilità del provider». La sentenza di Milano potrebbe avere un grande peso sulle prossime decisioni di quello di Roma, dove la causa che si dibatte con YouTube e Google è ancora pendente.
Fonti: repubblica.it | e-duesse.it | puntoinformatico.it