Mentre si prospetta all’orizzonte una clamorosa revoca dello sciopero dell’11 giugno indetto dai sindacati contro i tagli da 150 milioni di euro imposti alla Rai, il governo Renzi continua ad indicare la via per una concreta e fattibile (ma per molti impossibile) riforma della tv pubblica. Nuove regole per il canone, anticipazione delle procedure per la Concessione con lo Stato, nuova governance e innovazione sono solo alcuni degli ambiziosi obiettivi da raggiungere entro il 2014 fissati dall’esecutivo.
Secondo Aldo Fontanarosa de La Repubblica, 9 esperti di comunicazione e tv (il giurista Fabio Bassan, il professor Antonio Sassano, Matteo Maggiore, il massmediologo Francesco Siliato, gli ex consiglieri della Rai Stefano Balassone e Carlo Rognoni, il consulente delle regioni Marche ed Emilia Romagna per il digitale terrestre, Stefano Cuppi, un dirigente dell’Agcom e un giornalista di punta di Rai International, più i docenti Michele Sorice della Luiss e Fausto Colombo dell’Università Cattolica), stanno preparando un piano di riforme della tv di Stato.
La rivoluzione impossibile della Rai dovrebbe disporre che solo una rete pubblica (Rai 1) possa raccogliere pubblicità. Il servizio pubblico televisivo dovrà avere tre fonti di finanziamenti: il canone delle famiglie (reso più equo), la pubblicità e un contributo dello Stato. Oggi la legge Gasparri (confluita nel Testo unico dei media audiovisivi) autorizza i canali statali a raccogliere inserzioni per il 12% di ogni ora. Nel nuovo regime, Rai 1 potrebbe spingersi al 18% proprio perché unico canale pubblico ad avere pubblicità.
Per trovare i finanziamenti per mentenere in piedi un’azienda che ha introiti superiori ai 2 miliardi l’anno, il governo varerà ad ottobre la riforma del canone, che sarà a importo variabile perché collegato alla capacità di spesa delle famiglie, e che si spera possa ridurre di molto l’evasione. Inoltre ogni anno lo Stato verserà un contributo diretto alle attività di servizio pubblico come accade in Francia ad esempio.
I nove saggi consigliano anche una riforma delle regole e dei paletti imposti dall’Antitrust nel mercato tv e in generale dei media. Il sottosegretario Antonio Giacomelli e i suoi esperti vogliono anche ridimensionare il Sic (Sistema Integrato delle Comunicazioni). È il paniere di tutte le risorse del sistema del media (pari a 19 miliardi nel 2012). La legge Gasparri stabilisce che nessuna impresa possa accaparrarsi oltre il 20% di questa torta: una misura anti-gigantismo rivelatasi inefficace per le dimensioni sconfinate del Sic, che comprende voci eccentriche secondo il governo da eliminare, come le sponsorizzazioni (valore un miliardo) e le iniziative di comunicazione (altri 620 mila euro).
Le proposte di Giacomelli e dei suoi saggi saranno raccolte in un testo organico entro l’estate e sottoposte a una pubblica consultazione. Entro l’anno, prenderà corpo quindi un decreto o — più probabilmente — un disegno di legge di riforma, con un duplice obiettivo: riscrivere la Gasparri e, nello stesso tempo, rinnovare la concessione che assegna alla Rai il servizio pubblico televisivo.
Fonte: La Repubblica