Il concorso di bellezza del digitale terrestre è stato stoppato (momentaneamente) dal governo. Tre mesi per decidere che cosa fare delle frequenze tv, che erano destinate in dono a Mediaset, Rai e TI Media. Ora è importante per l’economia italiana e per l’esecutivo sfruttare al meglio queste risorse frequenziali pubbliche, rare e preziose, nonostante le pressioni del Pdl e le minacce di ricorsi lanciate da Mediaset. Roberta Chiti su Il Corriere delle Comunicazioni ha intervistato in proposito il prof. Antonio Sassano, ordinario di Ricerca Operativa al Dipartimento di Informatica e Sistemistica “Antonio Ruberti”della Sapienza di Roma.
Il Ministero dello sviluppo ha appena approvato gli emendamenti al Codice delle comunicazioni elettroniche, recependo, sia pure in ritardo, le direttive europee sulla gestione dello spettro elettromagnetico. Per il professor Sassano «l’obiettivo generale della direttiva è quello di rafforzare il mercato unico europeo delle comunicazioni elettroniche. Per quello che riguarda la gestione dello spettro radio l’obiettivo è quello di garantire lo sfruttamento efficiente di una risorsa “pubblica e preziosa”, senza vincoli tecnologici o di servizio. La fine della distinzione delle frequenze in “televisive”, “radiofoniche” o “per tlc”. Gli emendamenti prevedono anche la non cedibilità delle frequenze ottenute gratuitamente e dunque la fine del “trading” di risorse ottenute senza pagare».
Il nuovo Codice, se divenisse legge quindi, potrebbe modificare le basi normative per indire una nuova gara per le frequenze. «Il beauty contest – afferma Sassano – era stato pensato come gara con stretti vincoli sul servizio (televisivo fisso o mobile) e sulla tecnologia da usare (DVB-T terrestre e DVB-H per la tv mobile) e con un deciso vantaggio per operatori verticalmente integrati, in grado di realizzare le reti e fornire contenuti di qualità. In più, la gara consentiva la cessione delle frequenze dopo 5 anni anche se ottenute gratuitamente. Tutto il contrario di quanto previsto dalla Direttiva Ue. Con il professor Carlo Cambini – continua il professore – abbiamo provato a delineare una soluzione alternativa. I punti cardine sono i seguenti: per la flessibilità tecnologica, consentire l’uso DVB-T delle frequenze attualmente vincolate al DVB-H. Questo porterebbe Mediaset e Rai al “cap” previsto di 5 multiplex anche senza partecipare alla gara. Parte delle frequenze a gara potrebbero essere utilizzate per sanare problemi che hanno generato ricorsi contro il processo di transizione: la mancanza di risorse per le locali, il multiplex Telecom, la copertura della Rai. Le tre frequenze a gara destinate ai multiplex Sfn (Single Frequency Network) dovrebbero invece essere oggetto di un’asta a rilanci competitivi».
C’è però chi afferma, come Mediaset, che un’asta onerosa che mette in palio le frequenze andrà sicuramente deserta. Ma il prof. Sassano afferma che una gara pubblica per gli operatori “puri” (cioè quelli che si occupano esclusivamente della rete di trasmissione tv o telefonica) sarebbe un successo. «Le frequenze ora destinate ai tre multiplex Sfn (54, 55, 58 UHF) hanno un grandissimo valore e appartengono a quella Banda 700MHz che la Conferenza Warc del prossimo febbraio a Ginevra si appresta a dichiarare “secondo dividendo digitale”. Dunque, sia operatori di rete specializzati (come Tdf, Arquiva o Abertis) sia gli operatori di telefonia mobile potrebbero essere interessati. Fossi il ministro, farei una rapida consultazione pubblica».
Nel caso in cui alcune frequenze rimangano invendute, comunque, non è necessario regalarle, afferma Sassano. Sarebbe innanzitutto uno spreco. «Potremmo tenerle da parte per il secondo dividendo digitale evitando la faticosa e costosa liberazione (a danno delle tv locali) alla quale siamo costretti ora e che ci costerà almeno 176 milioni di euro». Ma le tv locali non approvano le modifiche al Codice per le comunicazioni elettroniche, perchè sarebbero costrette a pagare più di 17 mila euro l’anno per i canoni di concessione, e inoltre non potrebbero più rivendere o affittare le frequenze ricevute in eredità digitale, in tutto 27 canali per regione.
Il professore esperto di frequenze smentisce poi le posizioni recentemente diffuse da DGTVi e da Mediaset che affermano che in tutta Europa le frequenze tv digitali sono state assegnate o verrano assegnate gratuitamente a mezzo di beauty contest. «In Europa, in genere, non si assegnano le frequenze ma i canali trasmessi da un multiplex. Per esempio, la gara per i canali Hd attualmente in corso in Francia (34 canali richiesti da 26 diversi fornitori di contenuti) non assegna frequenze ma 6 canali sui 2 multiplex: R7 e R8. È come se in Italia avessimo utilizzato un singolo multiplex (e non 5) per trasmettere i tre canali Mediaset e i due canali de La7. Pensi che la Francia aveva riservato il multiplex R8 ai canali “bonus” da assegnare a TF1, M6 e Canal+. Un canale “bonus” per ogni canale analogico e non una frequenza (e dunque 6 canali) per ogni canale come abbiamo fatto noi. L’Europa ha minacciato una procedura di infrazione contro la Francia e Sarkozy è stato costretto ad annullare il regalo e ad utilizzare l’R8 per l’Hd».
A fine gennaio è prevista la Conferenza Mondiale delle Comunicazioni (Wrc-2012) di Ginevra. «In quella sede – conclude l’intervista Sassano – si definirà l’Agenda per la conferenza del 2015. I Paesi europei hanno una posizione comune: chiedere la liberazione di circa 1 GHz di banda per un secondo dividendo per la banda larga mobile. L’Italia finora ha svolto un ruolo di freno, pretendendo che non fossero menzionate le frequenze televisive. Sono convinto che il nuovo ministro cambierà questa posizione e che il nostro Paese riacquisterà un ruolo positivo in questa decisiva occasione di sviluppo tecnologico.