Nel dibattito politico pre-elettorale è stata posta a tutt’oggi scarsissima attenzione sui temi dell’agenda digitale, intesa come l’innovazione indotta dalle tecnologie digitali. Dopo una fine legislatura caratterizzata da una forte enfasi posta su questi aspetti, che ha trovato sintesi nel decreto Sviluppo bis approvato in extremis, è calato il silenzio.
È pur vero che finora tutti gli schieramenti politici sono stati alle prese con la corsa alla definizione delle liste e delle alleanze. Speriamo, quindi, che – terminato questo periodo negoziale, quando l’attenzione si sposterà sui programmi politici e sulle proposte progettuali – il tema dell’agenda digitale ritorni al centro dell’attenzione di tutte le parti politiche. Lo speriamo, perché riteniamo che l’agenda digitale sia uno dei fattori chiave da cui dipenderà il futuro del nostro Paese.
Spingere l’innovazione digitale non può essere vista come un’azione che favorisca un settore in una logica corporativa, ma come una potente leva – trasversale a qualsiasi comparto dell’economia e della pubblica amministrazione – per portare benefici consistenti al nostro Paese: a livello di risparmi, produttività, lotta all’evasione e competitività e, quindi, per sanare il bilancio pubblico, ridurre le tasse e favorire la crescita economica. Non per niente l’innovazione digitale è da anni al centro della strategia politica degli Stati Uniti (Paese che più di tutti ha sfruttato questo ambito per spingere Pil, occupazione e leadership mondiale) e della Ue, che si è esplicitamente dotata di un’agenda digitale a partire dal 2010.
Il ruolo chiave dell’innovazione digitale è dimostrato anche dai numeri che l’Osservatorio sull’agenda digitale del Politecnico di Milano ha stimato nelle sue recenti ricerche e pubblicato a più riprese sulle pagine de Il Soel 24 Ore. Solo per citare alcuni esempi concreti: una decisa spinta verso la fatturazione elettronica intesa come invio e conservazione delle fatture in formato digitale invece che cartaceo potrebbe portare a oltre 10 miliardi di risparmi per le imprese, con un impatto notevole sulla loro produttività e, quindi, sulla loro competitività nei mercati internazionali; un’adozione più massiccia degli strumenti di e-procurement (tecnologie digitali a supporto degli acquisti) nella pubblica amministrazione porterebbe a un risparmio di 7 miliardi di euro l’anno per le casse dello Stato tra minori prezzi d’acquisto e maggiore produttività del personale pubblico; un utilizzo sapiente delle tecnologie digitali (a livello di conservazione sostitutiva e di pagamenti elettronici) potrebbe portare a maggiori entrate fiscali per 15 miliardi di euro all’anno; maggiori investimenti per 300 milioni di euro a favore delle start up innovative, potrebbero portare a un aumento del Pil dello 0,2% nel corso dei prossimi dieci anni.
Per queste ragioni sarebbe bello poter confrontare le diverse proposte progettuali sulla base di tutte le diverse dimensioni incluse nell’agenda digitale. Proprio per questo desiderio – e per contribuire a fare un po’ di chiarezza su un concetto, quello di agenda digitale tutt’altro che chiaro e univoco – vogliamo evidenziare i principali capitoli in cui si può articolare l’agenda digitale, che sono a nostro parere sei.
1) Misure per la pubblica amministrazione digitale, che riguardano, per esempio, il ruolo per l’agenzia digitale appena nominata dal Governo Monti, l’obbligo dell’e-procurement e della fatturazione elettronica nelle amministrazioni, l’innovazione digitale nella sanità, nella giustizia, nella scuola.
2) Misure a supporto dell’innovazione digitale da parte delle imprese, quali detrazioni fiscali a fronte di investimenti in tecnologie digitali, fondi di cofinanziamento di progetti innovativi.
3) Misure a supporto delle start up, in particolare relative, oltre a quelle già previste nel decreto Sviluppo bis, all’allocazione di specifici investimenti a favore delle start up innovative.
4) Misure a supporto delle reti di nuova generazione, quali per esempio, il ruolo del Governo nella spinosa questione dello scorporo della rete Telecom e della condivisione delle reti mobili, nell’incentivazione degli investimenti privati nelle reti di nuova generazione.
5) Misure a supporto dell’alfabetizzazione digitale, che riguardano, per esempio, gli incentivi per i programmi di formazione volti ad aumentare le competenze sul digitale di manager, imprenditori e funzionari pubblici italiani, azioni per spingere la penetrazione di internet nelle famiglie.
6) Misure a supporto dei mercati digitali, come l’allineamento dell’Iva per i libri digitali o l’equiparazione delle fatture elettroniche alle fatture cartacee.
Sarebbe bello avere informazioni sulle progettualità concrete che le diverse parti politiche intendono portare avanti su ciascuno di questi capitoli dell’agenda digitale, a partire naturalmente dalle misure già incluse nel decreto Sviluppo bis, misure che sono chiare e numerose in relazione ad alcuni dei capitoli sopra riportati e quasi completamente assenti invece in relazione ad altri.
Osservatorio Agenda digitale della School of Management del Politecnico di Milano
Fonte: Il Sole 24 Ore