E’ l’effetto della depressione dei mercati ma anche del pasticcio dell’assegnazione delle frequenze e soprattutto del fatto che nel settore c’è oggi un concorrente che si è molto rafforzato: la Ei Towers che fa capo a Mediaset.
Potrebbe essere uno dei primi punti del nuovo corso Rai all’ordine del giorno: la vendita di RaiWay. Ma è una decisione che rischia di avere più un valore simbolico che un effetto positivo sui conti di Viale Mazzini. RaiWay era stata quasi venduta nel 2001, dalla gestione Zaccaria presidente e Cappon direttore generale. Si era arrivati addirittura all’incasso dalla Crown Castle di 800 miliardi di lire per il suo 49%. Ma il governo Berlusconi di allora, e per lui il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, mise il veto, e la Rai restituì i soldi.
RaiWay gestisce la rete di trasmissione di Rai: i sistemi di emissione e le antenne di trasporto e ripetizione del segnale, dislocate in 2.431 siti. Ha un organico di 650 addetti, tra tecnici e ingegneri, che si occupano dello sviluppo e della manutenzione. Quanto può valere oggi RaiWay? Cifre lontane da 11 anni fa: stime raccolte tra gli addetti ai lavori dicono i 400 milioni di euro per il 49% di allora sarebbero una cifra anche abbondante per il 100% ai corsi attuali.
Ma il problema non è questo. La Rai ha debiti sui 300 milioni, il suo problema non è la patrimonializzazione ma la redditività operativa. Ma soprattutto trovare un acquirente per le torri Rai (anche penalizzate rispetto ai concorrenti di Ei Towers, ossia Mediaset, dalla definitiva assegnazione delle frequenze di due settimane fa) non è compito agevole. Per averne la riprova basta chiedere a Gianni Stella che sta cercando acquirenti sia per La7 sia per Timb, ossia il corrispettivo di Raiway in Telecom. Finchè sul mercato ci sarà la famiglia Berlusconi e la sua Ei Towers, rafforzatasi dopo la fusione con DMT, è quasi impossibile che qualche operatore straniero possa aver voglia di mettere il naso in Italia sul mercato delle frequenze e delle torri tv. Diverso sarebbe se si formasse un operatore unico nazionale sotto l’egida di Cdp. Come con Terna e Snam. Per ora è solo un’ipotesi di scuola.
Fonte: repubblica.it