L’asta per le frequenze non si farà. Forse. Tra i corridoi del Ministero dello sviluppo si vocifera sempre più spesso che il governo Monti e il ministro Passera opteranno per mantenere il famigerato concorso di bellezza, che regalerà 6 multiplex agli operatori nazionali della televisione italiana, come Rai, Mediaset e TI Media. Gli uomini del dicastero, per evitare crisi politiche e contestazioni, cercano in qualche modo di limitare il grande dono di risorse pubbliche modificando per quel che è possibile le procedure del Beauty Contest. Ad esempio impedendo la vendita delle suddette frequenze assegnate dopo 5 anni da parte delle tv nazionali.
Il Ministero ha infatti inserito in un emendamento al Codice delle comunicazioni elettroniche una direttiva che impedisce il trasferimento dei diritti d’uso delle frequenze se il diritto a utilizzarle è stato ottenuto inizialmente a titolo gratuito. Secondo un’indiscrezione de Il Sole 24 Ore. L’obiettivo della disposizione ministeriale è semplice: recepire in Italia – in ritardo rispetto al termine del 25 maggio 2011 – due direttive europee del 2009, la 136 e la 140. Quest’ultima dà la possibilità agli Stati membri d’introdurre il divieto di trading per le frequenze date in uso gratuitamente. Il testo è stato sottoposto, con una prassi non usuale, a una consultazione pubblica molto “rapida”, che si è chiusa il 28 dicembre.
L’articolo 14-ter sul «trasferimento o sull’affitto di diritti individuali d’uso delle Radiofrequenze» contiene la non applicabilità della norma nel caso in cui i diritti individuali d’uso delle frequenze (che sono e restano, nelle direttive Ue, un patrimonio pubblico, ndr) siano stati ottenuti a titolo gratuito. Il testo dovrà ora essere trasferito all’interno della legge Comunitaria o diventare un decreto legislativo che dovrà ricevere il parere delle commissioni parlamentari competenti. Si può ancora cambiare, insomma, e qualche fonte ministeriale ha spiegato che potrebbe non applicarsi alle televisioni.
Queste ultime non sono convinte di tale interpretazione. Tanto che l’associazione delle tv locali Aeranti-Corallo, partecipando alla consultazione, chiede la rimozione di tale norma perché, una volta approvata in via definitiva, «tutti i soggetti locali e nazionali che hanno ottenuto o otterranno il rilascio di diritti d’uso delle frequenze per la tv digitale terrestre in sede di transizione dall’analogico (essendo tale rilascio a titolo gratuito) non potranno trasferire o affittare tale diritto d’uso». Per Aeranti-Corallo si introdurrebbe un principio mai applicato in Italia sia per la tv analogica sia per quella digitale, tra l’altro «ostacolando un processo di razionalizzazione del settore, attraverso accorpamenti».
Il testo del Ministero potrebbe modificare sensibilimente la procedura del beauty contest, ma consentirà ugualmente l’assegnazione gratuita ai soliti incumbent. Il bando e il disciplinare attuale consente la cessione dei canali a cinque anni dal loro ottenimento. Il divieto di vendita dei multiplex si applicherebbe a tutte le altre 34 frequenze ottenute dalle emittenti tv come “eredità analogica”. Il nuovo quadro regolamentare europeo prevede un uso flessibile e neutrale dello spettro, senza esclusive o vincoli a favore di un servizio o di una tecnologia: non dovranno più esistere frequenze per la tv e frequenze “per i cellulari” (in DVB-H).
La nuova norma però, a mio parere, non consentirà di definire un’asta competitiva da miliardi di euro di incassi per lo Stato, come richiesto da più parti politiche e da gran parte della stampa e del settore tv locale. Al massimo potrebbe determinare una possibile nuova asta questa volta onerosa in un prossimo futuro con la liberazione delle frequenze della tv mobile in DVB-H, per raggiungere l’obiettivo prefissato dalla Commissione europea: aprire il mercato a nuovi entranti. Ma il concorso di bellezza del digitale terrestre, ora come ora, rimane una mera assegnazione gratuita di risorse frequenziali che non consentirà nessuna apertura del mercato tv italiano alla concorrenza, e di certo non riuscirà a chiudere la procedura di infrazione UE sul dividendo digitale italico nato dalla Legge Gasparri del 2004.
Fonte: ilsole24ore.com
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