Asstel, l’associazione delle società delle telecomunicazioni, scrive a Berlusconi, Tremonti e Romani: notificano le preoccupazioni per la procedura dell’asta LTE che andrà togliere ingenti risorse al settore delle comunicazioni, senza garantire certezza sull’utilizzabilità delle frequenze e sul ritorno dell’investimento.
Le compagnie della telefonia mobile sono quindi pronte a disertare l’asta per le frequenze tv che potrebbe fruttare allo Stato circa 2,4 miliardi di euro. Secondo il quotidiano Milano Finanza di ieri, la gara per l’assegnazione delle frequenze da destinare all’uso della banda larga mobile è sempre più in forse, considerati gli ostacoli e gli attriti tra il governo, le tv locali e le stesse telco. L’ Asstel nella breve ma dura lettera al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al ministro dell’Economia Giulio Tremonti e a quello dello Sviluppo economico Paolo Romani, spiega che alle condizioni attuali è difficile che gli operatori di telefonia mobile possano partecipare all’asta.
La causa di questo improvviso ma atteso comunicato da parte delle telco è da imputare agli ostacoli che le emittenti locali pongono per abbandonare i canali 61-69 UHF che attualmente occupano, in modo da consentire la gara per l’assegnazione delle frequenze LTE. «E’ quindi altissimo il rischio che un interminabile contenzioso amministrativo blocchi l’utilizzabilità delle frequenze oggetto di gara». Le associazione delle tv locali, che dovranno lasciare le frequenze regolarmente acquisite per obbligo di legge, rivendicano un indennizzo adeguato o altri canali (multipliex) nazionali per sopperire ai problemi tecnici ed economici dell’esproprio.
L’associazione FRT delle emittenti locali, in una recente nota, dichiara che le compagnie telefoniche dovrebbero additare le cause dello stallo dell‘asta LTE alle sole istituzioni, ree di una gestione scellerata del passaggio alla televisione digitale terrestre. «Nel 2006, ben due anni prima dello Switch-off della Sardegna, – continua la nota – la Conferenza di Ginevra stabilì di destinare la banda 800 MHz ai servizi di comunicazione in banda larga mobile, concedendo tutto il tempo necessario per pianificare equamente la distribuzione delle risorse tra i vari soggetti, mentre oggi le istituzioni hanno scelto di vivere alla giornata. Alle tv locali sono state assegnate inizialmente 1/3 del monte frequenze, ma anche tutti quei canali non coordinati con gli stati esteri. Con la Legge di stabilità (L. 220/2010) del dicembre scorso poi il governo ha deciso di espropriare gli altri 9 canali da destinare alle telco. E il corrispettivo dell’esproprio proposto dal governo (il 10% dei ricavi della gara) non è sufficiente per rientrare degli investimenti fatti dalle emittenti per la digitalizzazione degli impianti.
Asstel si lamenta anche per altri problemi legati alle frequenze: a parere degli operatori di telefonia mobile i limiti di emissione elettromagnetica fissati in Italia sarebbero troppo bassi rispetto a quelli ammessi dalla media europea. Ciò constringerebbe le telco a un eccessivo livello di investimenti necessari per triplicare il numero dei ripetitori. Inoltre le telco sottolineano che sarebbe necessaria la risoluzione dei problemi delle interferenze tra sistemi di trasmissione televisiva digitale terrestre e quelli di telecomunicazione sulle frequenze derivanti dal dividendo digitale.