Riforma Rai, il piano di Renzi: ad con pieni poteri, 3 reti tematiche e una senza spot

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La rivoluzione Rai pensata dal premier non eletto Renzi prende pian piano forma. Oggi verrà discussa in CdM.

Ieri durante la riunione del presidente del Consiglio con i componendi Pd della Commissione di Vigilanza si è ipotizzata una nuova tv pubblica che andrebbe a trasformare le tre reti ammiraglie in emittenti tematiche ad «alta specializzazione»: una rete rimarrebbe generalista, una si occuperebbe delle tematiche su innovazione, sperimentazione e nuovi linguaggi, e una avrebbe un carattere più spiccatamente culturale, di servizio pubblico, preferibilmente senza pubblicità.

Nel documento la maggioranza ha espresso le proprie posizioni sulla riforma soprattutto in tema di governance: «Non servono architetture barocche o la creazione di qualche sofisticata ingegneria che complichi ancora di più le cose», si legge. «Serve una guida manageriale vera, come quella di ogni grande player internazionale».

E la nuova Rai che arriverà oggi sul tavolo del Consiglio dei Ministri dovrebbe prevedere appunto una S.p.A. guidata da un amministratore delegato con pieni poteri. La riforma della tv pubblica dovrebbe comunque essere contenuta in un ddl che dovrebbe essere esaminato in un successivo consiglio dei ministri.

Le ipotesi sulla governance fino a ieri erano due. La prima prevede un cda molto snello, cinque componenti rispetto agli attuali nove: l’amministratore delegato nominato dall’azionista, il Tesoro, con pieni poteri e gli altri quattro membri del consiglio nominati dalla Commissione di Vigilanza, come accade attualmente, o, in alternativa, dai presidenti di Camera e Senato. Ma la possibilità è anche che un membro sia scelto come rappresentante dei lavoratori e un altro da un organismo esterno come la Conferenza Stato-Regioni.

La seconda ipotesi è quella che fa riferimento al modello duale: un Consiglio di Sorveglianza con i componenti designati da più organismi come Anci, Conferenza Stato-Regioni, Anica, Fieg, Fnsi, i rappresentanti dei lavoratori e un comitato di gestione ristretto di tre membri, con un amministratore delegato con pieni poteri e due consiglieri, uno con delega sui contenuti editoriali e uno con deleghe finanziarie.

Il segretario Usigrai, Vittorio Di Trapani: «Sono favorevole alla figura dell’amministratore delegato. Il nodo è però chi lo nomina, la Rai deve essere libera dal controllo dei partiti ma anche dei governi. La nostra ipotesi è quella di annuncio pubblico, con la griglia di competenze indispensabili per guidare la più grande azienda culturale del Paese, e poi una selezione pubblica fondata sui curricula e il programma che chi si candida vuole attuare alla guida della Rai. E’ una procedura di merito e trasparenza, che può consentire ai cittadini di verificarne l’attuazione».

«E’ assolutamente necessario liberare la Rai dai lacci burocratici che causano lungaggini – afferma ancora -, incompatibili con un’azienda che deve competere sul campo dell’innovazione. E’ indispensabile il controllo della Corte dei Conti, perché chi maneggia denaro pubblico ne deve rispondere in prima persona».

«Il primo elemento positivo è che stanno immaginando fonti di nomina diversificate, come da noi più volte auspicato, compresa l’indicazione di un nome da parte dei lavoratori – dice ancora il segretario Usigrai -. Vedremo come il testo sarà scritto, ma comunque è una novità positiva. Quando l’Usigrai fece questa proposta ad Assisi ai comitati della Rai, ricordammo che è una soluzione che funziona bene in altri servizi pubblici europei e che è in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione». Di Trapani è oggi a Bologna e Ancona per discutere con le redazioni della piattaforma RaiPiù, proposta dal sindacato dei giornalisti della tv pubblica, su cui è in programma un referendum dal 19 al 22 marzo.

Fonte: ItaliaOggi | Ansa

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