Il Tribunale di Milano ha accolto le richieste del gruppo Mediaset in materia di diritto d’autore on-line, e ha stabilito che la diffusione non autorizzata di video televisivi di Mediaset da parte della società “Italia On Line” (provider di proprietà di Sawiris, più nota come Libero.it) costituisce violazione del diritto di autore.
Il Tribunale ha vietato al servizio di IOL l`ulteriore diffusione di video e la possibilità per gli utenti di condividere filmati, fissando una penale di 250 euro per ogni video e per ogni giorno di illecita diffusione. Lo rende noto il gruppo di Cologno Monzese, che spiega che la causa proseguirà per la quantificazione dei danni, che secondo puntoinformatico.it ammonterebbe a 100 milioni di euro. Mediaset, in una nota, accoglie «con soddisfazione questa ulteriore affermazione di principio che consolida la giurisprudenza inaugurata dal tribunale di Roma con la causa affrontata e vinta nei confronti di Google/YouTube. Ancora una volta è stata infatti stabilita la diretta responsabilità dei provider – prosegue il gruppo – in caso di diffusione non autorizzata di contenuti protetti da copyright». La società «ritiene che tale decisione, ribadendo un fondamentale principio di diritto, contribuisca – conclude la nota – a rafforzare la tutela di tutti gli editori che investono nella produzione di contenuti originali e negli autori che li generano».
Questa nuova sentenza di un tribunale italiano in favore della tutela dei contenuti on-line protetti da copyright è l’ennesima dimostrazione della direzione univoca intrapresa dall’Italia e dall’Europa in materia di diritto della proprietà intellettuale in rete. Le leggi punitive (come quella francese Hadopi), le future imposizioni dell’Autorità garante per le comunicazioni, la censura e il controllo ferreo sul Web e su Internet che si prospetta dai regolamenti dell’UE (ad esempio da parte degli ISP) che i governi e i grandi colossi dell’industria editoriale cercano ostinatamente di imporre mirano a punire gli ISP e i fornitori di servizi on-line e a creare deterrenti e a disseminare terrore tra gli stessi consumatori/utenti, che con la rivoluzione del Web 2.0 sono divenuti sempre più produttori e creatori stessi di contenuti. Una politica punitiva che non hai mai fermato la tendenza, ormai attiva da anni, delle nuove modalità di consumo e di produzione dei contenuti multimediali che corrono sulla rete, dal download allo streaming fino alla condivisione.
E nonostante le posizioni rigide e sorde dell’industria dei contenuti mediali, la società vive e respira un’era digitale contraddistinta dal movimento rapidissimo e liquido (per dirla alla Zygmunt Bauman) delle informazioni e dei contenuti, dove la produzione mediatica è divenuta malleabile e trasformabile come mai prima d’ora, poco contenibile negli schemi economici e produttivi del passato. Nuove forme di consumo, di produzione e di ri-produzione della Società dell’Informazione e dell’economia digitale che necessitano di modelli economici alternativi, fondati sullo scambio, la collaborazione, la condivisione e la cooperazione, e di nuove forme più flessibili e libere di tutela della proprietà intellettuale, come ad esempio i Copyleft.
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