Internet: l’e-G8 degli altri, ma la rete dov’era?

L’altro ieri a Parigi si è concluso il primo G8 dedicato al mondo di Internet. L’eccezionale evento, chiamato e-G8 Forum, ha aperto una nuova strada per discutere della rete in modo globale, mostrando però davanti agli occhi del mondo intero, nella parata di amministratori delegati e general manager, solamente l’edonismo delle grandi società del Web, dell’industria dell’entertainment e delle telecomunicazioni, che ha inoltre impedito di formulare un documento comune da presentare al G8  dei grandi del pianeta di Deauville.

La due giorni parigina, organizzata da Maurice Levy del Publicis Adv Group, perciò è apparsa come una grande manifestazione guidata dai potenti del mondo dell’ICT e della rete, atta a sostenere gli interessi e gli obiettivi delle Big Company che vorrebbero guidare le sorti di una parte di Internet. All’interno dell’e-G8 sono mancati i numerosissimi stakeholders, le comunità on-line e il grande popolo che costruisce il tessuto dell’economia, dell’innovazione e della conoscenza che permea la rete telematica globale. Elequente il commento di Lawrence Lessig, uno dei pochi partecipanti all’e-G8 privo di una poltrona in un consiglio di amministrazione: «Il futuro di Internet non è qui. E’ stato invitato ma non è ancora qui».

Nella grande kermesse sotto la tenda dei giardini di Tuileries infatti si è discusso principalmente di economia e di governace, tematiche sicuramente importanti, ma sono stati tralasciati altri argomenti determinanti per il futuro di Internet. L’esordio del discorso moralizzatore d’apertura del presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy (padre putativo della legge Hadopi) ha subito dato una precisa direzione al dibattito, presentando le solite argomentazioni a favore del controllo della rete, della privacy e della regolamentazione del copyright on-line.

Così come il presidente francese anche i successivi partecipanti, che siendono ai vertici delle grandi società delle tlc, dell’industria dell’intrattenimento e dell’informazione, hanno dato un eccessivo spazio alle tematiche economiche, trattando l’argomento Internet solo come settore di crescita e di sviluppo dell’economia mondiale e preoccupandosi quasi esclusivamente di regolamentare l’uso dei contenuti. Assenti non giustificati o parzialmente snobbati all’interno dell’evento sono stati coloro che invece cercano di rendere la rete accessibile, neutrale e libera per tutti i cittadini del mondo, come le Ong, le associazioni che difendono i diritti civili e il diritto all’oblio, i promotori di nuove forme di tutela del diritto d’autore. JP Barlow (Electronic Frontier Foundation) tra i pochi che hanno avuto la possibilità di controbattere lo posizioni della linea Sarkozy ha dichiarato: «Internet riconosce a tutti il diritto a sapere e questo diritto non può restare schiacciato sotto il diritto d’autore».

Di certo si è percepito chiaramente, come ha suggerito Guido Scorza in un suo articolo su puntoinformatico.it di ieri, quanto siano distanti per differenze culturali e antropologiche le posizioni tra le comunità che vivono tra i nodi della rete e gli Stati e i governi che li rappresentano, i quali rappresentanti vorrebbero stringere sempre di più i controlli e la sorveglianza sociale. Si è distinto il divario tra la stessa classe politica e il mondo imprenditoriale, la prima impotente nel cercare di regolamentare le leggi della rete, il secondo bramoso di risorse per lo sviluppo dei propri businnes. Le distanze storiche si sono percipite, stavolta senza contradditorio, tra l’industria che fabbrica i contenuti, presente all’e-G8 con numerosi rappresentati, e le comunità dei consumatori on-line, logicamente assenti, dove i produttori continuano ad insistere ciecamente su modelli economici osboleti, fondati sul diritto d’autore, minacciando costantemente gli utenti di lasciarli digiuni di creatività. Le differenze poi sono emerse anche per le grandi società telco che chiedono da mesi il pagamento del pedaggio per l’uso delle infrastrutture di rete alle imprese Over The Top, come Google e Facebook.

Il quadro di divisioni e differenze croniche che serpeggia nel mondo dell’economia di Internet è apparso in tutta la sua completezza a Parigi. Forse questo primo confronto può essere considerato un punto di partenza che servirà in futuro a costruire una rete migliore. Forse. Per ora le grandi Web Company hanno chiesto unite alle grandi potenze mondiali riunite al G8 di Deauville di tutelare un accesso libero alla rete, investendo sulle infrastruttue della banda larga, pur considerando che sono necessari controlli per la protezione della proprietà intellettuale.

Ma si potrebbe anche partire dalla dichiarazione finale, un pò sorprendente, di Mark Zuckerberg, fondatore e proprietario di Facebook, che ha affermato che il suo social network non è necessario nè sufficiente per fare delle rivoluzioni, minimizzando il ruolo che ha avuto nelle rivolte dei paesi del mondo arabo. «Forse abbiamo contribuito e abbiamo fornito gli strumenti, – ha continuato Zuckerberg – ma questi avrebbero potuto anche essere altri». Semplicemente perchè il luogo dove nasce la libertà di comunicazione, la partecipazione, la collaborazione, la libera condivisione delle risorse, grazie alle quali crescono e si diffondono anche le idee dal basso, non sono i vari Google, Yahoo!, Facebook, Twitter, società che tra ventanni potrebbero essere sostituite da altre, ma è l’unica e grande piattaforma aperta della Rete.  Per questo motivo è necessario tutelarla nella trasparenza, nell’ampliamento dell’accesso, nella sua natura neutrale, applicando nuovi modelli di economici, nuove forme di potere e di governance, forme più aperte di tutela della proprieta intellettuale.

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