Da un articolo di Edoardo Segantini sul CorrierEconomia del 15/10/2012:
Tre delle sei frequenze che andranno all’asta, cioè quelle destinate all’uso televisivo a lungo termine, dovranno essere riservate a «nuovi entranti». Secondo quanto risulta al Corriere Economia, l’Unione Europea starebbe premendo perché il governo italiano vada nella direzione opposta a quella del beauty contest, con cui si volevano regalare i canali migliori a Mediaset, soprattutto, e Rai.
L’asta delle frequenze è la prima vera prova della nuova Agcom, sei mesi dopo la decisione del governo Monti di annullare il beauty contest. L’Authority di Angelo Cardani ha iniziato il percorso che dovrebbe condurre al disciplinare di gara e all’asta. Fino alle prossime due settimane, i tecnici italiani, guidati dalla responsabile della Direzione Media, Laura Aria (la stessa figura che ha ideato il concorso di bellezza), e dal collega della Direzione Reti, Vincenzo Lobianco, avranno incontri informali con i colleghi della Direzione Concorrenza dell’Ue; all’inizio di novembre l’Agcom dovrebbe essere in grado di pubblicare sul proprio sito il regolamento di gara, che sarà poi sottoposto a consultazione pubblica per un mese.
Tutti i soggetti interessati potranno dire la loro, mandando documenti scritti o spiegando le proprie ragioni in audizione. A quel punto, in caso di accordo, il testo sarà «notificato», cioè comunicato formalmente a Bruxelles, con l’obiettivo di ottenerne il via libera entro fine anno e dare tempo al Ministero dello Sviluppo economico di indire la gara a gennaio. Questa, almeno, è la road map teorica. Ma la strada è molto accidentata. Bisogna infatti dare una risposta convincente alla procedura d’infrazione aperta contro l’Italia nel luglio del 2006, quando l’Ue valutò che la legge Gasparri, nel prevedere il passaggio dall’analogico al digitale, attribuisse «ingiustificati vantaggi» agli operatori esistenti penalizzando la concorrenza: cioè dimostrare che si vuole realmente favorire il pluralismo sul piccolo schermo.
Ma non è tutto. Tra l’annullamento del beauty contest nello scorso aprile e oggi è intervenuto un secondo fatto cruciale: la decisione dell’Ue e degli organismi internazionali delle telecomunicazioni (come l’Itu e il bureau tecnico diretto da François Rancy), di trasferire dalla televisione alla telefonia mobile parte della banda di frequenza a 700 megahertz dal 2015 e di completare poi il passaggio nel 2020. Questa novità complica ulteriormente il quadro e si collega a quanto dicevamo all’inizio.
Le frequenze che verranno messe all’asta — tutte televisive come prescrive la legge—saranno infatti sei: tre nella banda a 700 megahertz e tre in quella sottostante. Le prime avranno una «durata» limitata, cioè fino al 2015, quando la destinazione d’uso cambierà, e dovranno dunque avere una base d’asta inferiore; mentre le seconde (che l’Ue vorrebbe riservare a nuovi entranti) dureranno e costeranno di più. Ma se per alcune il prezzo di partenza è di molto inferiore, ci si può chiedere, non si rischia di dare luogo a un’asta low-cost o, peggio, a un beauty contest mascherato da asta? D’altra parte non sarebbe neppure corretto che qualcuno acquistasse un asset per pochi milioni di euro e si ritrovasse in mano un tesoro nel momento del passaggio dall’uso televisivo a quello, ben più ricco, della telefonia mobile.
L’interesse a pagare 400 milioni per La7, società in perdita ma proprietaria di tre canali di cui uno molto pregiato (il 60 UHF), è spiegabile anche, e forse soprattutto, alla luce di questo «tesoro nascosto». L’importante, per la futura gara, è che si distingua tra frequenza e frequenza, in base alla duratama anche alla qualità, e si eviti di replicare gli errori e i favoritismi del passato, lasciando sedere al tavolo nuovi giocatori, anche stranieri, come chiede l’Europa. Senza dimenticare il secondo obiettivo, altrettanto importante, che è quello di riordinare lo spettro radio, a beneficio nostro e dei Paesi confinanti: in sede Itu a Ginevra, siamo stati attaccati dalla ex Jugoslavia e da Malta perché con i nostri ripetitori televisivi disturbiamo lo sviluppo della loro telefonia mobile. E, se non mettiamo ordine nel nostro etere, in futuro potremmo essere «bacchettati » perfino dal Nord Africa. All’Agcom si chiede in sostanza di compiere una missione decisamente complicata. Talmente complicata da far nascere qualche dubbio sulla sua fattibilità temporale. Non si può escludere che, essendo metà febbraio il termine ultimo per lo scioglimento delle Camere, il ministro dello Sviluppo economico decida prudentemente di rinviare la patata bollente al prossimo governo.