Rai: arriva la spending review nel nuovo Contratto di Servizio

rai_lottizzazioneE’ tempo di spending review anche per la Rai. Un’esigenza di bilancio imposta dal nuovo Contratto di Servizio 2013-2015 che attende il via libera della Commissione parlamentare di Vigilanza. La tv di Stato ha predisposto un piano industriale triennale, che porta la firma di McKinsey&Company, e che prevede importanti tagli ma anche investimenti.

Il piano mira ad unire sotto l’insegna di Rai Commerciale tutte le strutture dell’azienda che generano utili. Come Rai Trade (che diventerà società autonoma) e Rai Canone; Rai Eri e Rai World (canali esteri); Rai Way (affitto ripetitori) e 01 (cinema); Rai Convenzioni (Pubblica amministrazione) e anche Rai Net, che nel nuovo assetto sembra perdere la sua vocazione editoriale per tramutarsi in strumento distributivo. La direzione di un colosso come Rai Commerciale sarà forse affidata a Luigi De Siervo, fiorentino, attuale direttore commerciale, amico d’infanzia guardacaso di Renzi.

I tagli, come ha annunciato pochi giorni fa il commissario per la spending review Cottarelli, potrebbero colpire soprattutto le sedi regionali Rai, considerate una spesa eccessiva per la tv di Stato. Cottarelli ha parlato addirittura di chiusura delle sedi. A pesare sull’azienda sono i circa 13 mila dipendenti cui si aggiungono circa 30 mila contratti di consulenza e collaborazione. L’emendamento presentato in Commissione di Vigilanza dal relatore Salvatore Margiotta (Pd) chiede alla Rai di predisporre entro 6 mesi dall’entrata in vigore del Contratto di Servizio con «un progetto di riqualificazione e ridefinizione della propria articolazione regionale che, alla luce delle nuove tecnologie e nel quadro di una razionalizzazione della spesa, assicuri un miglioramento della qualità dell’informazione locale». Ma il sindacato dei giornalisti Usigrai contesta nel merito e metodo la cura-Cottarelli, è annuncia battaglia.

Le sforbiciate potrebbero coinvolgere gli stipendi d’oro dei dirigenti Rai. Da anni si chiede alla tv pubblica di rendere meno opaca la gestione di questo esercito. Di recente il Garante per la privacy ha ribadito però che esistono delle «specificità », dati sensibili che non si possono rendere pubblici per non dare un vantaggio alla concorrenza e dare vita a una guerra al rialzo. I numeri li ha forniti per la prima volta l’ad Gubitosi, se pur approssimativi e in forma anonima: la media è 155 mila euro l’anno; dai tre mega-dirigenti che viaggiano sopra i 500 mila euro sino ai 190 che prendono tra i 100 e i 200 mila euro. Tra i giornalisti dirigenti il più pagato porta a casa una busta paga di 500 mila euro e anche qui la media sfiora i 150 mila euro l’ anno.

Con il tetto fissato intorno ai 290 mila euro l’anno per i dirigenti pubblici, qualcosa si è fatto: ma vale solo per i contratti di là da venire. Stesso dicasi per l’accordo stilato con l’Usigrai in cui si prevede che i direttori di testata in carica triennale tornino alle qualifiche di partenza perdendo l’indennità di incarico. Poco o nulla è dato sapere invece sui compensi di conduttori e artisti e sugli accordi con la SIAE che alla Rai costa almeno il doppio di Mediaset. Per non parlare degli appalti, dove l’oscurità regna sovrana e dei canali di pubblica utilità come il Ciss viaggiare informati e Isoradio che non è una testata giornalistica ma ha una nutrita redazione e un direttore.  Il surplus di dirigenti è uno dei principali problemi della Rai, ingiantito dalla voracità dei partiti che ha moltiplicato gli incarichi negli anni. Attualmente esistono 44 direzioni a Viale Mazzini. McKinsey&Company ha bollato il vecchio modello come «disfunzionale», e ha chiesto di ridurre subito le direzioni da 44 a 29. Il Cda, sul punto, ha già votato a favore.

Nel nuovo Contratto di Servizio viene fatta dalla politica la richiesta di presentare «entro 6 mesi», un progetto di canale di «comunicazione istituzionale» dedicato ai lavori parlamentari e al lavoro delle commissioni. É la riformulazione di una richiesta già presente nel contratto precedente a cui non è stato dato seguito perché i due rami del Parlamento e la Rai lasciarono cadere il progetto. Un altro punto molto discusso, sposato in pieno dal Pd e sul quale sembra sia stata trovata la quadra, riguarda il cosiddetto «tutto compreso»: la Rai non potrà più commissionare a società di produzione detenute da agenti di spettacolo «programmi riguardanti gli artisti da loro rappresentati ». In una parola non si potranno più vendere pacchetti completi, le star dovranno adeguarsi. Che sia un risparmio però è tutto da verificare.

Il piano di Rai Commerciale proporrà inoltre un’offerta a pagamento grazie a un portale web: secondo La Repuublica sono in corso contatti con Poste Italiane e Chili Tv, società questa creata nel 2012 da un gruppo di manager fuoriusciti da Fastweb, per creare un canale web Rai con i contenuti pay della tv pubblica.

La nuova Rai verrà suddivisa in 5 grandi aree. Nella prima, saranno raccolte le società separate (in testa Rai Pubblicità). La seconda unirà le funzioni di staff. Ecco poi l’area Editoriale, nobilitata da una Direzione Cultura (con dentro Rai 5 e la neonata Rai Quark). L’area Finanziaria, poi, sarà guidata da Camillo Rossotto, manager ex Fiat Industrial che Gubitosi ha chiamato in Rai nel 2012. Sarà figura di raccordo con la direzione generale, forte del grado di cfo. L’ultima area, quella tecnologica, verrà governata da un’altra figura di raccordo, con il grado di cto, che la Rai cerca sul mercato esterno dei manager.

Fonti : La Repubblica | Il Messaggero

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