Guerra tv locali. Avvenire pressa Romani: “tutelerò le emittenti regionali”

La crociata cattolica in difesa del comparto dell’emittenza locale, con in testa il quotidiano dei vescovi “Avvenire“, si spinge sino agli uffici del Ministero dello sviluppo economico, destando l’attenzione del ministro Romani in persona.

«Ho seguito con attenzione il dibattito portato avanti da Avvenire sulla digitalizzazione delle frequenze – commenta il ministro – Comprendo, anche per storia personale (Romani è stato imprenditore di piccole tv poi fallite con contenuti porno – ndr), le ansie e le preoccupazioni espresse da alcuni piccoli editori televisivi. Proprio per questo vorrei dire loro: non ci sarà alcuna mattanza, alcun esproprio delle frequenze. Al contrario, stiamo aprendo più spazi di espressione e canali di comunicazione, rafforzando l’offerta del servizio pubblico e del pluralismo». Certo l’affollamento dell’etere – anche per la riduzione dei canali – è un dato di fatto. «Ma abbiamo già individuato le strade tecniche perché ogni emittente locale possa continuare a trasmettere come e meglio di prima», afferma Romani.

La soluzione che propina il ministro al quotidiano cattolico è sempre la stessa: esproprio coattivo dei canali  delle tv locali per l’assegnazione delle frequenze alle compagnie telefoniche per la banda larga mobile; costituzione delle graduatorie regionali che stabiliranno quali emittenti potranno essere considerate operatori di rete e mantenere la propria frequenza (multiplex), e quali invece saranno costrette a lasciare i canali ora occupati (con la forza di polizia se necessario) per andare a sistemarsi nel mux di altre emittenti.

La preccupazione di Avvenire si concentra sui meccanismi e sui criteri di costruzione delle graduatorie (che andranno a rilevare il patrimonio netto, l’organico, la copertura del segnale e la longevità del canale) che potrebbe penalizzare le piccole tv cattoliche, che campano di volontariato, ma anche di otto per mille. Il primo bando per le temute graduatorie riguarderà la Liguria e uscirà la prossima settimana. Poi sarà la volta di quello della Toscana che verrà reso noto la settimana successiva. E proprio la Toscana è definita dal ministero una «regione critica per il rapporto fra numero di emittenti operanti e frequenze disponibili». Le altre aree da bollino rosso sono Sicilia e parte della Puglia (fra quelle da digitalizzare), e poi Lombardia, Campania e Lazio (già passate al digitale). Per il ministero, potrebbero essere in bilico meno di cento tv anche se «l’intera operazione verrà rimodulata passo dopo passo» per apportare eventuali correttivi.

Il dicastero è pronto a favorire degli indennizzi economici per le emittenti che lasceranno le frequenze, incentivi pari al 10% degli introiti dell’asta LTE (cifra di base sui 240 milioni che potrebbe salire a 300, ma solo in caso di grande successo della gara) che però tutte le associazioni delle tv locali ritengono irrisori per sopportare i costi dell’esproprio e del passaggio al digitale.

Un’altra soluzione verrà adottata, afferma Avvenire, per la pianificazione delle frequenze “minori”. Il ministro promette che potranno essere istallati impianti a bassa potenza che coprono magari una valle o una città e che rappresentano ulteriori «soluzioni frequenziali» per agevolare la trasmissione delle piccole. Un fatto mai accaduto nei passati switch-off del digitale terrestre. Ma scarica la responsabilità all’Agcom che valuterà ciascun caso. Altra grana sarà il costo d’affitto degli spazi nei mux da parte delle tv orfane delle frequenze. Il must carry obbligherà gli operatori di rete locali a cedere almeno due canali dei sei possibili in definizione standard all’interno dei multiplex. E il ministro assicura che farà il possibile per contenere i canoni e per garantire l’effettiva diffusione del segnale.

Secondo i tecnici del dicastero, il mix fra aggregazioni di tv, incentivi economici e must carry ridurrà l’impatto del taglio di frequenze sulle locali. «E se si verificheranno problemi, connaturati a transizioni così complesse – garantisce Romani –, faremo il possibile per risolverli» anche «continuando a confrontarci con categorie e operatori», conclude il ministro. Secondo invece le associazioni e i sindacati delle tv locali sarà una catastrofe che costringerà alla chiusura centinaia di emittenti.

Fonte: avvenire.it

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