Da un articolo di Carlo Infante su L’Unità del 05/08/2011:
Creative Commons (comunemente siglato CC) è un nuovo protocollo giuridico relativo all’uso delle opere di creatività per la condivisione e all’utilizzo pubblici. Intorno a questo processo si è creato un vastissimo movimento d’opinione che ha visto protagonista Lawrence Lessig (ora consigliere del Presidente degli Stati Uniti Obama) per l’affermazione degli open content, i contenuti aperti alle pratiche creative del remix e del riuso, tese ad esprimere un valore aggiunto capace di creare rete del valore nel web.
Le leggi sul copyright inibiscono questi processi ed è per questo che la mission di Creative Commons, nato negli Stati Uniti a cui è, da qualche anno, affiliato Creative Commons Italia, stabilisce dei nuovi margini per l’uso creativo e condiviso delle opere di ingegno altrui nel pieno rispetto delle leggi. Si risponde alla rigidità del modello del copyright che afferma tassativamente “all rights reserved” (tutti i diritti sono riservati) con un nuovo concetto,“some rights reserved” (alcuni diritti sono riservati), proteggendo gli autori dagli abusi commerciali. Le licenze di tipo Creative Commons creano le condizioni per cui chi detiene diritti di copyright possa rilasciare parzialmente alcuni diritti e allo stesso tempo di conservarne altri, grazie a una varietà di licenze che includono la destinazione di un bene privato al pubblico dominio.
Queste riconfigurazioni del vecchio diritto d’autore dovrebbero essere la risposta alla questione sollevata dall’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) che (attraverso la delibera 668/2010 – ndr) ha minacciato di censurare le informazioni online che violino il copyright. Le reazioni sono state fortissime: non si tratta di legittimare piraterie ed abusi del diritto d’autore bensì di aprire un dibattito parlamentare, politico a tutti gli effetti, sia sulla protezione dei contenuti sia sulla libertà di Internet.
Va ripensata una disciplina del diritto d’autore che non si aggiorna dal 1941, inscrivendola nel contesto del Web che sta creando straordinarie opportunità di nuova produzione culturale. Si deve quindi riconoscere un sostanziale diritto degli autori delle opere d’ingegno che troppo spesso la SIAE non sa contemplare, concentrata sul premiare pochi benemeriti e su logiche restrittive irragionevoli. Allo stesso tempo va incentivato il libero accesso ai contenuti in rete, per estendere una diffusione sempre più ampia dell’informazione culturale, favorendo sia gli autori sia gli utenti di quel metamedium che è Internet, piattaforma che ricombina le informazioni, arricchendole del valore d’uso di chi le interpreta con creatività, come accade nel cosiddetto remix.
Gli scenari in cui circola la cultura, nelle sue diverse forme, da quella musicale a quella letteraria, stanno cambiando radicalmente e in questa mutazione risiede sia la nascita di una nuova cultura sia la possibilità di rilanciare le prospettive per possibili nuovi mercati. Com’è accaduto dopo il crollo dell’industria discografica, dove si sono delineate inedite e intelligenti politiche per la distribuzione di file musicali, come ha saputo fare iTunes. Ma la SIAE fa orecchie da mercante e ha lanciato delle domande (10 quesiti per l’esattezza – ndr) che hanno trovato ampiamente risposta nel web:
- Le risposte di Stefano Quitarelli. (fatemi prestare un ebook!)
- Le risposte di Guido Scorza.
- Le 10 risposte di Massimo Mantellini.
- Le 10 risposte di DDAY.it
- Le risposte di Carlo Infante (prima parte – seconda parte)