DGTVi e la favola del “Paradiso Digitale Terrestre”

Nel momento topico e più critico dello Switch-off del 2011 della tv digitale terrestre, tra richieste formali di rinvii e una pioggia trasversale di ricorsi, l’associazione delle tv nazionali DGTVi (cioè Mediaset, Rai, La7, DFree), attraverso la sua consueta newsletter DIGITA, oltre a distruibuire i soliti dati trionfali sulla vendita di decoder e sulla penetrazione della televisione digitale, offre all’opinione pubblica una “profonda” riflessione:

«C’è chi ha sempre creduto, e forse lo crede tuttora, – afferma l’editoriale di DIGITA – che il passaggio alla TDT fosse solo un’inevitabile evoluzione tecnologica che ha lasciato sostanzialmente inalterato il panorama della tv italiana. Niente di più sbagliato. Sapevamo tutti (mi domando chi sono tutti – ndr) che l’offerta si sarebbe moltiplicata. È vero. Ma pochi avrebbero scommesso che i 45 nuovi canali nazionali gratuiti avrebbero saputo conquistarsi stabilmente in poco tempo il 12% di ascolto (e cioè quasi un quinto dell’ascolto complessivo del digitale terrestre free). E, ancora meno, forse, si sarebbero aspettati che ben 21 di queste nuove offerte nazionali fossero realizzate da nuovi editori che, proprio grazie all’introduzione del digitale, sono potuti entrare in televisione. O, ancora, sempre in seguito al passaggio al DTT, che si recuperassero interi generi televisivi, come l’offerta per bambini e ragazzi, che stavano rischiando di essere espulsi dalla tv generalista per essere relegati unicamente all’offerta pay. Una dimostrazione evidente di ricchezza, apertura del sistema e pluralismo che forse andrebbe valorizzata di più quale risultato complessivo ottenuto proprio grazie al passaggio alla TDT dell’intero sistema televisivo del nostro Paese.»

E’ indubbio che si sta verificando, come era prevedibile, una frammentazione degli ascolti. Calano quelli delle generaliste, e più si diffonde il digitale più cresce lo share delle nuove emittenti tematiche e semigeneraliste. Ma su quasi 60 canali in chiaro trasmessi sui mux nazionali, più della metà sono prodotti dai soliti operatori che dominavano il mercato dall’era analogica, e sono nati in questi anni digitali quasi 30 canali a pagamento detenuti da un unico incumbent, Mediaset Premium. Ora, mi domando, chi spiega ai dirigenti di DGTVi, Ambrogetti (Mediaset), Viggiani (DFree) e Balestrieri (Rai), che il duopolio televisivo nostrano non si è spostato di una virgola con l’avvento del digitale terrestre? Forse quei “tutti” citati potrebbero descrivere ai dirigenti delle tv nazionali, che guidano il consorzio per la tv digitale, che Rai e Mediaset, che detengono ancora il maggior numero di frequenze e di canali,  si portano a casa circa il 40% a testa dell’intero mercato, lasciando le briciole alla concorrenza, nonostante la timida apertura a nuovi operatori, dove in realtà solo pochi canali, come Real Time, Sportitalia (dove si vede), Cielo e K2, hanno avuto un riscontro di pubblico con incassi però irrisori dalla pubblicità.

L’intero settore della tv italiana è in grado pure di descrivere a DGTVi quale lavoro certosino è stato compiuto dal governo e dal Ministero dello sviluppo per non scalfire il prezioso duopolio tv, anzi, per renderlo più forte, proprio in occassione della transizione al digitale terrestre. Le tv nazionali che dominano il mercato italiano negli ascolti (con oltre 75% di share) e soprattutto nella raccolta pubblicitaria (su un mercato da 2,5 miliardi, Mediaset e Rai raccolgono insieme 2,3 miliardi nel 2011), possono essere infatti soddisfatte dell’esproprio governativo delle 9 frequenze, rivendute alle telco nella famosa asta LTE, alle sole emittenti locali. Una confisca ai limiti del lecito, denunciata a gran voce dalle associazioni di categoria, che metterà in ginocchio l’intero comparto delle tv regionali, preziosa e vitale risorsa per il pluralismo nell’informazione e per libertà di stampa.

Mediaset, Rai e anche TI Media, possono pure gioire per l’imminente assegnazione gratuita di nuove frequenze (ben 6 multiplex), due praticamente già assegnate ai soliti incumbent, nella gara pubblica a beauty contest indetta dal MSE. Un concorso di bellezza tra le televisioni nazionali imposto teoricamente dalla Commisione europea per aprire il mercato e per chiudere le pesanti sanzioni derivanti dal dividendo digitale creato dalla legge Gasparri del 2004, ma che in realtà ha eretto delle enormi barriere di mercato e ha fatto fuggire i possibili nuovi operatori tv esteri, e regalerà, attraverso i discutibili parametri di gara, altri canali, valutati centinaia di milioni di euro, al solito indistruttibile duopolio tv, che di questi tempi non brilla di certo per il pluralismo dell’informazione.

Per concludere la mia contro-riflessione, anche se negli uffici di DGTVi il passaggio al digitale appare da sempre come una meravigliosa gita nel paradiso appunto “terrestre”, alla vigilia dello Switch-off in Toscana, i problemi di questa rivoluzione obbligatoria della televisione si accumulano con i soliti ritardi del Ministero. In Liguria l’utenza dei comuni montani e dell’entroterra subisce i soliti e annunciati disservizi di copertura tv, mentre a Genova spariscono i canali Rai e gran parte dell’utenza si trova impreparata e disinformata sulle operazioni da compiere. In Toscana 18 emittenti locali sono state private delle frequenze dall’esito delle graduatorie Corecom, annunciano ricorsi, e rischiano gravi danni, se non la chiusura. La Regione Umbria, nel frattempo, sollecita il Ministero per non ritardare, come al solito, l’assegnazione delle frequenze alle tv locali. E infine le Regioni delle Marche e della stessa Toscana hanno richiesto invano più volte alle istituzioni il rinvio al 2012 dei lavori del passaggio alla tv digitale.

Una rivoluzione della tv che fin dai suoi lontani esordi non si è mai rivelata reale promotrice dell’apertura e del pluralismo nel mercato, e che si prefigura sempre più come un incubo per i telespettatori, e come l’inferno (terrestre), nel regno soliti operatori dominanti, per la concorrenza nazionale (vedi la chiusura di Dahlia Tv) e locale .

Una dimostrazione evidente di ricchezza, apertura del sistema e
pluralismo che forse andrebbe valorizzata di più quale risultato
complessivo ottenuto proprio grazie al passaggio alla TDT dell’intero
sistema televisivo del nostro Paese.

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