Con il decreto Destinazione Italia il governo stanzia 20 milioni per le emittenti che dovranno lasciare le frequenze che interferiscono con le trasmissioni tv dei Paesi confinanti. L’associazione delle tv locali Aeranti-Corallo critica: «Non chiara la procedura di liberazione delle frequenze e misure compensative insufficienti».
Il Decreto legge n. 145/2013, “Destinazione Italia”, pubblicato in G.U. n. 300/2013, contiene alcune norme che riguardano direttamente le tv locali. In particolare, l’art. 6, commi 8 e 9, prevede l’avvio, da parte dell’Agcom, di procedure per escludere dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre le frequenze riconosciute a livello internazionale ed utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate ed assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia ed oggetto di accertate situazioni interferenziali.
La norma prevede, inoltre, che la liberazione di tali frequenze avvenga entro e non oltre il 31 dicembre 2014 e che con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 23 gennaio 2014, vengano definiti i criteri e le modalità per l’attribuzione entro il 31 dicembre 2014, in favore degli operatori abilitati alla diffusione di servizi di media audiovisivi (si tratta di una terminologia impropria, che dovrebbe indicare gli operatori di rete), di misure economiche di natura compensativa nella misura massima di 20 milioni di euro finalizzate al volontario rilascio di porzioni di spettro funzionali alla liberazione delle frequenze di cui sopra. La norma prevede, infine, che eventuali risorse che dovessero residuare, alla data del 31 dicembre 2014, successivamente all’erogazione delle misure economiche di natura compensativa sopracitate, possano essere utilizzate, per le stesse finalità, per l’erogazione di indennizzi eventualmente dovuti.
Appare evidente che tali norme siano state previste in relazione alle problematiche interferenziali insorte con alcuni Paesi esteri confinanti (come Slovenia, Croazia, Malta). E’, tuttavia, inaccettabile che si vogliano sopprimere alcune frequenze che sono state oggetto di pianificazione da parte dell’Agcom e che sono state legittimamente assegnate dal Ministero. Non è chiaro, peraltro, se la liberazione delle frequenze oggetto delle citate situazioni interferenziali, debba avvenire necessariamente attraverso la dismissione di quelle interessate dalle interferenze, ovvero anche, eventualmente, attraverso la dismissione di altre frequenze e la successiva riassegnazione delle stesse (come è avvenuto per la liberazione dei canali 61-69 UHF): nel primo caso si verificherebbe che le emittenti operanti su frequenze oggetto di interferenze non potrebbero più continuare la propria attività di operatore di rete (e avrebbero diritto alla misura compensativa); nel secondo caso, a seguito delle dismissioni, si renderebbe necessaria una nuova procedura per riassegnare le frequenze liberate non oggetto di situazione interferenziale (rimettendo così ancora una volta in discussione l’assetto dell’etere).
Inoltre, in considerazione del fatto che molte delle frequenze esercite non sono coordinate con i Paesi esteri confinanti, potrebbe accadere che alcuni di tali Paesi (come ad esempio Svizzera, Tunisia, Francia) lamentino ulteriori situazioni interferenziali. Di conseguenza, qualora la sussistenza delle citate situazioni interferenziali venisse accertata dagli organi preposti, dovrebbero essere dismesse numerose frequenze. In tal caso gli spazi radioelettrici per le tv locali si ridurrebbero ulteriormente e le misure compensative (previste per l’esiguo importo di euro 20 milioni) non sarebbero neppure sufficienti per tutte le dismissioni; ciò potrebbe comportare l’obbligo di chiusura di più frequenze senza alcuna misura compensativa.
In relazione a tutto ciò, appare sempre più necessaria la previsione di un preciso programma di evoluzione della tv digitale. Gli interventi come quelli del decreto Destinazione Italia, che modificano ancora una volta gli scenari del comparto, causano, infatti, una situazione di incertezza permanente che impedisce alle imprese di pianificare la propria attività a medio e lungo termine.
Fonte: newsletter Teleradiofax 11 gennaio 2014