Sembrava tutto chiuso, almeno secondo le ultime dichiarazioni del ministro Giarda alla Camera. E invece Mario Monti riparte alla carica per cambiare la Rai. «Un’azienda che è l’esempio eclatante degli enti pubblici da rivedere. Un’azienda dove la logica dell’indipendenza dalla politica non è garantita», ha dichiarato tecnicamente il premier.
Ma per una vera riforma di viale Mazzini non c’è più il tempo. Venerdì l’assemblea degli azionisti metterà fine al mandato dell’attuale Cda e la settimana prossima la commissione di Vigilanza comincerà a votare i nuovi membri. Le dichiarazioni di Monti, secondo Goffredo De Marchis (La Repubblica), potrebbero però significare una nuova mossa dell’esecutivo per riformare la Rai e renderla almeno un poco più indipendente dai partiti politici. «Mi riprendo il ruolo di interlocutore principale della politica su tutte le materie. Altrimenti la politica mi farà passare per quello che sa solo mettere le tasse», ha spiegato Monti a chi gli chiedeva la ragione del rilancio.
Sul tavolo del presidente del Consiglio ha così trovato posto l’ipotesi di ridurre subito da 9 a 5 i membri del consiglio di Viale Mazzini. Lo prevede la Finanziaria per le società partecipate dallo Stato. Con una difficoltà: la governance della Rai è regolata da una legge ad hoc, la Gasparri. Ma è evidente che per i nomi che tocca all’esecutivo proporre (un consigliere, il presidente e il direttore generale) gli appetiti dei partiti saranno messi in un angolo.
Monti cercherà di far prevalere il criterio del merito per i suoi uomini “tecnici” sulle logiche di partito. E ha già un pacchetto di nomi pronti. Si va da Giulio Anselmi per la presidenza a Francesco Caio per la carica di direttore generale. Il peso delle scelte governative servirà anche a disinnescare la mina di un Pd pronto a boicottare la votazione del Cda con i vecchi criteri. «È un passo avanti», ammette Matteo Orfini il responsabile Informazione democratico. Il taglio di 4 consiglieri va inoltre nella direzione del contenimento dei costi. «Questa riduzione è praticamente sicura», garantiscono a Palazzo Chigi.
Stavolta sarà difficile fare marcia indietro. Troppo vicine le scadenze, troppo determinato il premier visto ieri (secondo De Marchis). L’invio dei curriculum di Michele Santoro e Carlo Freccero (che partiranno domani), di Giampiero Gamaleri, è un’iniziativa non sgradita alla presidenza del Consiglio. Ma Monti fa sapere che i consiglieri di nomina governativa verranno scelti alla fine del percorso dei partiti. Alla luce di quello che ha detto ieri, non è una resa. Semmai una spada di Damocle sulle responsabilità della politica.
Fonte: La Repubblica