Da un articolo di Carlo Tecce su Il Fatto Quotidiano del 22/10/2011:
Non è un programma d’informazione domestica, ma l’ultima deriva di viale Mazzini: persino per la Rai è una fatica arrivare a fine mese. Non bastano 2,5 miliardi di euro l’anno fra canone e pubblicità. Non bastano fidi bancari che sfiorano 700 milioni di euro. Non bastano piani industriali che nascondono licenziamenti. E dicembre fa paura: c’è il rischio che l’azienda possa bloccare le tredicesime, forse pure gli stipendi, e tanti auguri ai 13 mila dipendenti. Nemmeno un euro, poi, per i fornitori che, ormai senza pazienza, aspettano i pagamenti.
La cassa è vuota, strangolata dai ritardi del Tesoro nel versare il malloppo pubblico, 1,6 miliardi di euro raccolti con l’abbonamento: consumata la metà, mancano 800 milioni. A settembre avevano promesso 400 milioni, poi rinviati in tre comode rate a ottobre; adesso per l’assegno finale di 400 milioni dicono dicembre: se slittano di due settimane, addio retribuzioni (un macigno da 80 milioni di euro al mese). La Rai ripara il pallone sgonfio con cuciture improvvisate. Più passa il tempo, più il buco s’allarga. Ecco, l’ennesimo palliativo: un prestito di 80 milioni di euro per gentile concessione di Bei, la Banca europea per gli investimenti.
La rete per diffondere il segnale del servizio pubblico – antenne, piloni, ferro – è l’unica proprietà di viale Mazzini. Dilapidato il patrimonio culturale, povero di contenuti e ricco di contenitori, l’azienda mostra le strutture di RaiWay con l’illusione di chi, finito in disgrazia, cerca di salvarsi svendendo l’eredità. RaiWay vale un miliardo di euro, estrema garanzia per chiedere o trovare soldi. Alessandro Penati, economista della Cattolica, intravede nuvoloni minacciosi su viale Mazzini: «Quando sei disposto a cedere il bene più solido e prezioso, significa che sei in corsa verso il fallimento e cerchi di mascherare il debito. La Rai può smobilitare Raiway, ma poi deve noleggiare le frequenze per andare in onda oppure vogliono chiudere le televisioni?».
Nel bilancio 2011 i debiti consolidati superano i 350 milioni di euro. Il peggio è dietro l’angolo: nel 2012, per resistere sul mercato, la Rai deve comprare i diritti per le Olimpiadi e l’Europeo di calcio, una botta di 140 milioni di euro. Dove cercare 140 milioni di euro senza aumentare i 350 milioni di esposizione bancaria? Non con la pubblicità. La concessionaria Sipra ha raccolto 980 milioni di euro (50 in meno che nel 2010), e le previsioni sono pessime: «L’anno prossimo dovremo fronteggiare il calo di ascolti e la prevedibile crisi finanziaria, qualsiasi stima è troppo ottimistica», spiegano fonti qualificate di Sipra. Dicembre sarà il primo esame di stabilità, ancora più dura sarà tra gennaio e marzo. Senza canone e senza tesoretti.
Sei anni fa, mica nel dopoguerra, la Rai era un’azienda sana. Il passaggio al digitale terrestre, una manna per Mediaset e una condanna per viale Mazzini, è costato 500 milioni di euro, soltanto il governo Prodi ha contribuito con 58 milioni di euro, Silvio Berlusconi ha pensato bene di non aggiungere. In Gran Bretagna per assorbire le nuove spese, la BBC ha aumentato il canone di 20 sterline. Qui scherzano con le diffide: il Consiglio di amministrazione ha intimato al ministero dello Sviluppo di pagare 1,3 miliardi di euro per onorare il contratto di servizio (quel documento che giustifica la tassa chiamata canone, che però non copre i costi di quelle trasmissioni qualificate come “servizio pubblico”). Sai che paura, avrà detto il ministro Paolo Romani.
Senza sparare cifre colossali, seppur legittime, la Rai poteva confermare l’accordo con Sky per trasmettere sul satellite, 350 milioni di euro in 7 anni sdegnosamente rifiutati dall’ex direttore generale, Mauro Masi. Bellissimi quei 13 canali di offerta gratuita, anche inutili però: nessun inserzionista sgomita per piazzare un prodotto a Rai 5 o Rai Gulp. Guai a toccare l’appalto, ogni anno benedetto: 224 milioni di euro per società esterne, 200 milioni per le serie televisive; profumati contanti per imprenditori che vengono, incassano e salutano, che sia un successo o un disastro. Dentro, il nulla: «La Rai si costruisce fuori, non nei suoi studi. – commenta il professor Penati – Non può vantare una scuola per sceneggiature o varietà, né marchi né autori. Logico che finisci con i creditori che ti circondano, e devi tranquillizzarli subito perché altrimenti sei spacciato. Mi ricorda un pò la logica del San Raffaele di Milano che rinviava i pagamenti ai fornitori, fin quando ha portato i libri contabili in tribunale». La soluzione non è vendere: «Chi acquista un’automobile vecchia e rotta con pochi pregi e tanti difetti? La Rai ha due strade: o taglia i costi del 30% o morirà per rinascere male come Alitalia con i soliti salvatori della patria». E i cittadini costretti a svenarsi ancora.
perchè la rai invece di andare dietro a mediaset non si allea a europa 7 per trasmettere in dvb-t2?
i canali web spesso io li guardo non arrivando il digitale terrestre della rai ancora a siena e provincia; dovrebbero fare sapere che esistono pero anche via web e gratis, molti neppure lo sanno.
la rai per ridurre i costi puo fare programmi piu semplici, prendere una telecamera e nadare in giro per l’ italia e fare vedere come è davvero la situazione del paese. invece di fare programmi tipo xfator che costano e non servono a nulla e nessuno. potrebbe fare vedere le feste che ci sono in diretta nel wikend nei paesini italiani e cosi con poca spesa da una mano anche al economia.
Ciao bonellinoab,
la Rai in effetti ha già cominciato le sperimentazioni per la tecnologia DVB-T2 del digitale terrestre. Ma prima di passare all’evoluzione dello standard tv su scala nazionale, sarebbe necessaria la diffusione nelle case dei nuovi decoder o televisori compatibili. Una spesa che ora come ora sarebbe un fatto inaccettabile per il paese in crisi. Alcune nazioni europee invece hanno eseguito o stanno eseguendo lo switch-off direttamente in DVB-T2, altre stanno eseguendo una transizione tra il DVB-T e la seconda versione. Europa 7 è invece una tv a pagamento che vende il proprio decoder DVB-T2 compreso nell’abbonamento. Comunque in futuro il passaggio al DVB-T2 sarà quasi un obbligo per i broadcaster nazionali che potrannno trasmettere più canali in alta definizione, in 3D e potranno sfruttare le nuove tecnologie interattivie.