NGN: pronto il piano Romani per lo sviluppo della fibra

Lo sviluppo delle reti a banda ultralarga, attraverso i proventi aggiuntivi dell’asta LTE, è divenuto il nuovo pallino del ministro Romani. Il titolare del dicastero dello sviluppo spinge per la nascità di una newco per la rete in fibra ottica, ed è intenzionato a destinare 800 milioni dell’incasso della gara per le frequenze del 4G (che ha prodotto ricavi per 3,9 miliardi) a questo progetto, attraverso un’apposita norma nel decreto legge in agenda del Consiglio dei ministri la prossima settimana.

Il Sole 24 Ore, in un articolo di stamane, descrive la mossa di Romani come una manovra contorta per arrivare prima del Ministero dell’Economia al consistente tesoretto da 1,5 miliardi di ricavi in eccedenza provenienti dalla gara pubblica di frequenze appena conclusa. In questo modo si potrebbe sbloccare il dossier, in stallo da mesi, della società pubblico-privata per lo sviluppo della rete NGN (FiberCo). Romani quindi mira a blindare 772 milioni che, vista la rateizzazione del pagamento delle frequenze, saranno disponibili solo a metà 2012.

Le risorse sarebbero destinate alla spese di gestione della società, aperta a soggetti pubblici e privati. Il ministero dello Sviluppo economico dovrebbe coordinare il progetto della newco mettendo a segno un colpo che ne accrescerebbe il peso specifico: le azioni sarebbero attribuite al Tesoro, ma il MSE eserciterebbe i diritti dell’azionista e nominerebbe il presidente e la maggioranza dei componenti degli organi sociali. L’obiettivo della strategia di Romani sarebbe l’uscita dello stato, una volta conquistati capitali privati, con condizioni di disinvestimento stabilite da un decreto ad hoc di via Veneto, sentito il ministero dell’Economia.

Ma il progetto newco per la fibra lascia freddi gli operatori e gli attori del mercato. Tim, Vodafone, Wind e H3G chiedono infatti un intervento per eliminare il digital divide almeno nei distretti industriali e nei Comuni periferici – non necessariamente tramite una società mista – e potenziare le reti mobili investendo sul backhauling. Nei giorni scorsi anche l’Agcom e le associazioni dei consumatori di settore (Adusbef e Federconsumatori), hanno chiesto un passo indietro sulla banda ultralarga per concentrare gli investimenti statali sul più urgente problema italiano del digital divide. Mentre sembrano decadere le proposte del Ministero sulla riduzione dell’Iva (dal 21% al 10%) sulle opere civili adibite ad ospitare la fibra ottica e sull’abolizione degli oneri Tosap e Cosap nelle aree in divario digitale.

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