Mediaset vince la battaglia dei diritti contro You Tube

Da un articolo di Simone Rossi su digital-sat.it

Ordinanza storica emessa oggi dal Tribunale di Roma. La nona sezione civile ha accolto integralmente il ricorso di Mediaset contro Youtube disponendo la rimozione immediata dai server Youtube di tutti i contenuti illecitamente caricati.

Nello specifico, l’ordinanza si riferisce a Grande Fratello: «il reality più importante e famoso della tv italiana», scrive il giudice, ovvero il contenuto Mediaset più cliccato su Internet.

Con questo provvedimento che si inserisce nella causa iniziata nel luglio 2008 da Mediaset contro Youtube, si accolgono per la prima volta le richieste dei broadcaster e degli editori a vedere tutelati i diritti e l’esclusività dei propri contenuti, generati con importanti investimenti che finanziano l’intero sistema dell’informazione e dell’intrattenimento internazionale.

L’ordinanza del Tribunale di Roma fornisce indicazioni chiare sul ruolo dei siti come Youtube. Non si tratta di semplici «provider di spazi web», ma di veri e propri editori che devono rispondere alle regole come tutti gli altri media. Anche Youtube ha quindi la responsabilità dei contenuti che sfrutta pubblicitariamente.

In conclusione, l’ordinanza di oggi non censura Internet ma ne allarga i confini. Tutti gli editori, Mediaset in testa, possono ora investire nella propria offerta gratuita sul web a beneficio dei navigatori, certi di un contesto di regole definite.

Tutti gli operatori Internet, a cominciare da Youtube, potranno stringere accordi con Mediaset e gli altri editori in un quadro di legalità e di reciproca soddisfazione.

L’ordinanza del Tribunale di Roma detta nuove regole nel panorama mediatico italiano del web e di internet. L’eco di una riscossa delle Major nei confronti del libero e incontrollato scambio di contenuti coperti da copyright è giunto nel nostro paese spinto dal grande clamore della contesa delle notizie sul web tra la News Coporation di Rupert Murdoch e il colosso del web Google.

Ma la sfida che le grandi corporations, creatrici di prodotti mediatici, si propongono non è rivolta in realtà contro le società che offrono i nuovi servizi del Web 2.0 come You Tube o Google News, ma bensì, inconsapevolmente o no, è puntata verso gli stessi consumatori, divenuti sempre più produttori e creatori stessi di contenuti. L’azienda di Cologno Monzese o l’impero mediatico della News Corp. però non saranno mai in grado di fermare le azioni di ogni singolo utente che, attraverso le nuove e future tecnologie del web, potrà pubblicare on-line qualsiasi tipo di contenuto.

L’era del digitale e della rete delle reti comporta un movimento rapidissimo delle informazioni e dei contenuti e una produzione mediatica malleabile e trasformabile mai vista fino ad ora, poco contenibile negli schemi economici e produttivi del passato. Oramai da anni sono nati modelli economici alternativi nel mondo dell’informatica e in rete, che professano l’economia dello scambio, collaborazione e cooperazione per sconfiggere le diseconomia di scala, e tutele del diritto di autore più consone alle nuove forme di contenuti. Gli utenti stessi, soprattutto nelle nuove generazioni, non distinguono più se un’azione di download di un contenuto protetto da copyright (ritenuto da molti un furto) sia illegale o no.

Per questi motivi l’economia dell’informazione e dell’entertainment dei media necessita di nuove forme di economie e nuove forme di tutela dei diritti. Per questi motivi difficilmente l’arroccamento dei tycoon sulle tutele dei diritti potrà avere effetti positivi a lungo termine, perchè si potranno vincere le battaglie nel presente ma alla fine il futuro costringerà il mercato alla ridefinizione del concetto di copyright.

8 thoughts on “Mediaset vince la battaglia dei diritti contro You Tube

  1. Open internet e copyright l’innovazione ha bisogno di leggi

    ROMA – Domani nella Sala delle Conferenze della Camera dei Deputati di Palazzo Marini ci sarà a Roma il quarto appuntamento di Capitale Digitale, un ciclo di incontri promossi da Telecom Italia, Fondazione Romaeuropa, Comune di Roma e Wired per fare il punto sugli aspetti della cultura digitale insieme a esponenti di livello internazionale provenienti da settori ed esperienze differenti. Il protagonista di questo incontro sarà Joi Ito, CEO di Creative Commons, la principale organizzazione non profit “dedicata all’espansione della portata delle opere di creatività offerte alla condivisione e all’utilizzo pubblici”, che ha come obiettivo quello di riformulare non solo le leggi, ma il concetto stesso di copyright nell’era digitale.

    L’incontro “Creative commons – The next level of innovation”, verrà aperto da Ito che terrà un intervento dal titolo “Creatività, innovazione e business nella rete – Una prospettiva imprenditoriale”, con cui illustrerà “come un quadro giuridico che garantisca al tempo stesso neutralità, apertura e avanzamento della tecnologia sia la condizione necessaria per il fiorire dell’innovazione e della creatività e per lo sviluppo di un sistema economico capace di rispondere positivamente agli stimoli del mercato“.

    “Si, sono convinto che sia così”, ci dice Ito, “Ogni paese ha un’idea diversa su questi temi, la discussione è aperta in tutto il mondo, e non riguarda solo il copyright ma anche il concetto di “open Internet” e “open access”. Questi sono elementi importanti per l’innovazione in ogni società oggi”.

    Ci sono difficoltà a far comprendere questi temi ai governi?
    “Generalmente la gente capisce che quello che spiego è la chiave di volta per il futuro, ma c’è sempre una battaglia in corso sui valori “aperti”, perché vengono visti come un pericolo, perché privi di controllo. Ma non è necessariamente così”.

    In Italia in questi giorni si sta parlando di controllo sui contenuti che circolano on line…

    Ogni governo ha qualcuno al suo interno che vuole esercitare controllo e chi pensa invece che lo spazio della comunicazione debba essere aperto. C’è sempre una battaglia tra queste posizioni. Ma la realtà è in movimento, se si pensa alle tematiche della trasparenza portate da Obama nel dibattito internazionale, ma anche in Giappone si punta su apertura e trasparenza. Allo stesso tempo entrambi i paesi sono coinvolti in un dibattito internazionale su un trattato per controllare la rete. La mia opinione è che una società per crescere deve usare lo stesso sistema che si usa per curare il proprio corpo. Un corpo solido lo si costruisce quando ti esponi, quando accetti di superare dei limiti, quando ti poni in maniera aperta davanti alle sfide e le intemperie. Internet ha molte difficoltà, non è diventato forte con il controllo ma con l’apertura, l’esposizione alle “intemperie” e il superamento dei limiti. Internet non andrà via, la tecnologia dell’informazione sarà qui per sempre, e la società crescere ha bisogno di essere aperta non di essere limitata, le società libere crescono, quelle controllate no“.

    Le leggi sul copyright cambieranno davvero?
    “Per ora il controllo cresce, per qualche business è un bene, per altri no. Alcuni contenuti hanno bisogno di essere controllati maggiormente, altri invece debbono poter crescere attraverso la condivisione. Noi non chiediamo di eliminare il copyright, ma creare con Creative Commons la possibilità di dare a chi produce contenuti di decidere cosa e come proteggere i prodotti del proprio ingegno“.

    Da un articolo del 17/12/09 di Ernesto Assante su Repubbblca.it

    1. Da un articolo di Simone Rossi su digital-sat.it:
      Youtube (Google) scrive ai deputati: ”Rivedete l’ordinanza Mediaset su GF”

      La nona sezione civile del Tribunale di Roma ha accolto ieri il ricorso di Mediaset contro YouTube disponendo la rimozione immediata da YouTube di tutto il materiale relativo al reality “Il grande fratello”.

      Google sta valutando i prossimi passi, inclusa la possibilita’ di ricorrere in appello. In base alla legge Europea e Italiana infatti, i service provider quali YouTube non hanno la responsabilita’ di effettuare il controllo del contenuto caricato dagli utenti. YouTube infatti non e’ un editore ma un hosting service provider, regolato dal Dlgs 70/2003 (cosiddetta Direttiva sul commercio elettronico).

      E’ questo il contenuto di una lettera inviata dai consulenti di Google a tutti i deputati italiani dopo l’ordinanza di ieri del Tribunale di Roma. Google, tra l’altro, secondo quanto si apprende, attraverso una società di relazioni istituzionali finanzia le attività del cosiddetto gruppo parlamentare 2.0 di cui fanno parte molti parlamentari.

      Secondo la lettera per Google “YouTube va al di là di quanto previsto dalla legge offrendo ai detentori dei diritti strumenti efficaci per gestire se e come i loro contenuti debbano essere resi disponibili. Si tratta in particolare di un programma chiamato Content Id che oltre 1.000 broadcaster partner di Google, tra cui RAI e Fox Channels Italy, hanno scelto di utilizzare. Mediaset potrebbe semplicemente unirsi a questi altri partner e utilizzare questi strumenti. Oppure, in alternativa, basterebbe che segnalasse a YouTube le URL dei video e YouTube provvederebbe alla loro rimozione

  2. il sistema della produzione di contenuti professionali è stato messo fortemente in crisi da Internet. Da una parte questa crisi è la risposta ad un’organizzazione fortemente anti efficiente, ed a rilassatezze proprie di strutture che lavorano in un business che considerano ormai consolidato. E va bene. Ma dall’altra l’individuazione di un sistema che remuneri la produzione di contenuti professionali è VITALE per gli stessi sistemi, da youtube a facebook, che di tali contenuti vivono. You tube solo coi video dei gattini sarebbe sempre youtube?
    Io credo che i media sociali debbano necessariamente evolvere trasformandosi in vere e proprie piattaforme di distribuzione di contenuti in Rete. Nel farlo è necessario che queste piattaforme abbiano il coraggio di esprimere completamente il proprio ruolo e stipulino accordi equi con gli editori. La sentenza del tribunale di roma mi sembra per certi versi rivoluzionaria perchè va in questa direzione.

    1. La regolamentazione di questi modelli di economia in rete, poco adattabili al business dei vecchi media broadcast, è una necessità per tutte le parti coinvolte, anche per gli utenti. Ma io mi domando perchè molte società private e pubbliche tv (Rai compresa) hanno scelto la libera diffusione sul web di molta della propria programmazione, e invece Mediaset agisce in modo completamente opposto? Mi chiedo perchè l’azienda leader della tv privata in Italia cerca sempre più di proteggere i propri contenuti e di controllare le proprie offerte, quando al di fuori del proprio dominio c’è una tendenza alla apertura dei contenuti?
      I dirigenti Mediaset non capiscono (o ignorano consapevolmente) quanto sia crescente e poco arginabile il fenomeno di uploading 2.0 fai-da-te (attraverso i servizi come You Tube e le reti p2p) che permette uno scambio rapidissimo di qualsiasi tipo di contenuto?
      Gli inquietanti propositi di controllo della rete proposti in questi giorni dai loschi ministri del governo sono forse connessi agli interessi di protezione dei contenuti targati Mediaset?
      La sentenza del tribunale di Roma è pure condivisibile, ma è stata necessaria perchè una società privata si oppone a nuovi modelli di business; le logiche di mercato e le strategie industriali di Mediaset assolutamente no.

      1. Rai è un operatore pubblico, quindi deve rendere disponibili gratuitamente su tutte le piattaforme i propri contenuti. diverso invece il caso di un operatore privato che deve valorizzare i propri asset.
        Non credo sia una questione di ignorare le potenzialità o le dimensioni del fenomeno del 2.0. E’ solo che nessuno dei dirigenti mediaset vuol portare il gruppo a gambe all’aria come sta accadendo con i giornali!
        Mettiamola così: visione gratuita di contenuti video su youtube senza accordi con editori è un estremo. Chiusura con visione esclusiva dei contenuti video con piattaforma dalle funzionalità arcaiche è l’altro estremo. Ci troviamo in una via di mezzo?
        quella del tribunale a mio parere lo è, indica una strada per uscire dalla trappola economica in cui gli editori si sono infilati con la Rete oggi. Guarda che ad esempio in UK youTube sta già seguendo questa strada con Channel 4 e Channel five!

        1. La tendenza di mettere a disposizione i propri contenuti liberamente non è solo una caratteristica della Rai. Ultimamente La7, Cielo, i canali del Gruppo Espresso (tutti quei network che sono tagliati fuori dal mercato di duopolio Rai-Mediaset) hanno offerto la propria programmazione rispettivamente on demand e in streaming attraverso il web.
          Inoltre la stessa nuova tecnologia digitale nella tv permette ancora di più una più facile manipolazione e una maggiore diffusione dei contenuti televisivi.
          Se You Tube si dovrà accordare come un editore con contratti commerciali con Mediaset, probabilmente comincerà a far pagare il proprio servizio. E le migliaia di blog e siti gestiti in modo individuale troveranno altri modi per pubblicare i contenuti del grande fratello e della programmazione del biscione. Mediaset farà causa a tutti?

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