Dal Ministero dello sviluppo economico dipartimento delle comunicazioni, dopo mesi di contrasti e tentennamenti, arriva la proposta definitiva per la creazione della società pubblica per lo sviluppo delle NGN, le reti di nuova generazione in fibra ottica.
La proprosta dovrà essere approvata dalle telco entro la settimana prossima per la costituzione della Newco che coinvolgerà Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3G, Tiscali, Fastweb, BT e FOS (una società per azioni composta da operatori minori). L’azienda, a governance pubblica, che si chiamerà FiberCo, avrà come compito di garantire la copertura della banda ultralarga, con infrastrutture end-to-end, al 50% delle unità immobiliari del Paese entro il 2020.
La nuova rete NGN verrà sviluppata da FiberCo solamente in quelle zone a basso tasso remunerativo che non rientrano nei piani dei singoli operatori privati. Il progetto darà sicuramente una notevole spinta per lo sviluppo delle reti in fibra ottica, ma sarà anche una sorta di concessione a Telecom Italia che non avrà praticamante concorrenza nelle aree territoriali per le quali ha già presentato i progetti per la realizzazione di reti NGN.
La roadmap per la realizzazione della banda ultralarga prevede una fase iniziale di sperimentazione in sei città, di cui una probabilmente in Lombardia (dove peraltro è aperto un Tavolo sul progetto Lombardia digitale per la realizzazione di nuove infrastrutture nella regione) e le altre selezionate sulla base di criteri dimensionali ma anche dei progetti in tema di NGN (Salerno e Siracusa fra le possibili candidate). Secondo il Ministero, i primi test-pilota dovrebbero essere avviati nel giro di tre mesi con il completamento dei lavori entro il mese di aprile 2012.
Il Ministero ha proposto che venga posta avviata una procedura di migrazione dalla rete in rame alla fibra ottica similmente a quanto sta avvenendo nel caso del digitale terrestre. Previste anche delle penali nel caso in cui, superate le date di Switch-off, il passaggio alla fibra non sia stato realmente effettuato (si parla di 210 euro per unità immobiliare). La proposta indica che lo sviluppo delle reti deve orientarsi su una “migrazione coatta“, in modo da creare un’infrastruttura di base, e non su una procedura che sia svolta in funzione della domanda del mercato e di parametri spiccatamente economici.
FiberCo offrirà ai clienti abbonati un accesso end-to-end, ossia dalla centrale alla residenza od all’ufficio dell’utente, a fronte di un canone mensile. A Telecom Italia sarà riconosciuto un indennizzo per ogni singola linea portata in fibra secondo tempi e modi ancora da concordare. La bozza di accordo ipotizza anche il conferimento, da parte di Telecom Italia, della possibilità di utilizzare la sua rete in rame che potrà essere impiegata da FiberCo. A fronte dell’eventualmente conferimento, verrà riconosciuto a Telecom una partecipazione al capitale di FiberCo. Al termine della migrazione delle utenze dal rame alla fibra ottica, l’ex monopolista potrà fruire della cosiddetta call option ed acquistare gli asset di FiberCo. In tal caso, però, dovrà essere previsto un meccanismo per garantire agli azionisti di minoranza di FiberCo la facoltà di uscire dal capitale della società.
A questo punto si attendono le reazioni di tutti i provider sedutisi attorno al “tavolo Romani” anche perché ci sono alcuni punti oscuri nel documento. Non si fa infatti riferimento ad una partecipazione statale per quanto riguarda gli investimenti e non si definisce in modo chiaro chi ed in quale misura dovrà aprire il portafogli. Inoltre, il progetto si rivolgerà per buona parte anche a quelle aree del Paese che sono state sino ad oggi considerate dagli operatori come a basso rendimento sebbene nella proposta si legga che l’intero progetto dovrà essere in grado di garantire un ritorno adeguato dell’equiti investito dai soci.
Fonte: Corriere delle Comunicazioni