Digitale terrestre: arriva il Beauty Contest, si allontana lo Switch-off

Ai tempi del suo esordio sperimentale nel nostro paese la tv digitale terrestre fu presentata come una grande innovazione tecnologica capace di aprire i mercati, di cambiare i consumi e di portare più voci nel panorama televisivo italiano. Allora, in seguito alle disposizioni della famigerata legge Gasparri del 2004, si credeva, o volevano farci credere, che il dtt avrebbe portato anche più pluralismo nell’informazione e nuovi servizi interattivi per il cittadino.

Oggi delle incredibili funzioni interattive pubblicizzate è rimasto poco o nulla. Si è preferito virare verso la connettività Over The Top via Internet più che altro di natura commerciale. E si assiste purtroppo all’impietosa monopolizzazione dello spettro elettromagnetico da parte degli stessi operatori nazionali che imperavano nella vecchia televisione analogica, con lo strapotere di Mediaset e Rai, in attesa dell’ingresso di Sky temuto da questi ultimi. Nel frattempo continua l’inesorabile annientamento del comparto delle tv locali.

La razionalizzazione delle frequenze tv a favore del più forte sembra essere giunta quasi al termine della sua fase primaria, con la definitiva assegnazione degli ultimi multiplex nazionali. Il ministro Romani infatti, dopo una lunga attesa (dalla delibera Agcom del 2009) per cercare in sostanza di escludere (invano) Sky, ha annunciato che il bando di gara per l’assegnazione delle sei frequenze tv sarà inviato entro questa settimana a Bruxelles. Poi di conseguenza si potrà procedere alla agognata gara.

L’asta, imposta dall’UE per evidenti irregolarità nella spartizione dello dividendo digitale interno italiano, definita di recente dall’Agcom, e attuata dal Ministero dello sviluppo economico, in realtà è un beauty contest che assegnerà i canali alle società tv senza alcun prezzo di vendita, anche se secondo gli esperti del settore le stesse frequenze  valgono miliardi di euro, come quelle da destinare alla banda larga mobile che verranno assegnate alle società di telecomunicazioni per ben 2,4 miliardi.

Le licenze d’uso dei sei mux verranno cedute gratuitamente quindi in tre blocchi: 3 canali del lotto A potranno essere assegnati a nuovi operatori del mercato e anche a chi opera sul dtt con un solo mux. Da questo lotto sono escluse Rai, Mediaset e TI Media, mentre potrà partecipare Sky vincolato dalla Commisione Europea però a gareggiare per una sola frequenza. Nel secondo blocco B, che assegnerà altre due frequenze, potranno partecipare anche la tv pubblica e il Biscione. Nel lotto C si concederà la licenza di un solo mux destinato al DVB-H (Tv mobile per i telefonini) o in alternativa al DVB-T2 (nuovo standard più performante del digitale terrestre che utilizza per ora solo Europa 7 HD), forse sembra destinato a TI Media. Le concessioni varranno per ben 5 lunghi anni, e i mux non potranno essere ceduti a terzi, a meno che il network tv detentore non possegga cinque o più frequenze. E in questo caso dovrà cedere il 40% della capacità trasmissiva del quinto mux.

La gradutoria dell’asta (il concorso di bellezza), sarà elaborata da una commissione nominata dal MSE, e stilerà una classifica degli operatori nazionali più virtuosi i cui paramentri, guarda caso, avvantaggiano l’operatore più forte sul mercato. Ad esempio avrà più punti chi ha più reti nazionali, chi più impianti e sedi operative, otterrà un maggior punteggio anche il network con più copertura sul territorio e chi trasmette canali ad alta definizione. Mentre avrà anche qualche punticino l’emittente nazionale che minimizzerà l’impatto paesaggistico-ambientale e le interferenze con i paesi confinanti.

Il beauty contest quindi porrà una volta per tutte fine alla travagliata storia del dividendo digitale italiano? Non proprio. Rimane ancora da fare la seconda asta, quella per le concessioni d’uso per le comunicazioni mobili LTE, più importante per i ricavi previsti, ma che sembra non potersi realizzare nei tempi pianificati e che indirettamente impedisce la definizione dei calendari degli Switch-off del digitale terrestre.

L’Agenda Digitale dell’UE ha imposto a tutti i paesi europei di liberare dal digitale terrestre le frequenze 800 MHz da assegnare al traffico dati della banda larga mobile. Il governo italiano e l’Autorità garante per le comunicazioni, per ovvi motivi, hanno pensato di non danneggiare gli operatori nazionali e di espropriare per legge 9 canali (nella banda 61-69 UHF) solamente alle tv locali. Il nuovo sistema di assegnazione delle frequenze tv stabilito dal decreto Omnibus (n.34/11 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 31 marzo scorso), che impedisce alle tv locali la conversione 1 a 1 da una frequenza digitale a una analogica, ha fatto letteralmente infuriare le associazioni delle emittenti regionali che hanno avviato decine di ricorsi al TAR (nonostante le promesse di indennizzi) e hanno di conseguenza mandato all’aria (almeno per ora) i calendari nazionali per la realizzazione dei passaggi al digitale terrestre nelle rimanenti regioni non ancora digitalizzate. Dalle ultime voci di corridoio provenienti dal Ministero dello sviluppo si teme un rinvio degli Switch-off al 2012 di gran parte delle regioni.

Secondo il CARTv (Coordinamento Associazioni Radio Tv): «Le conseguenze di tale provvedimento governativo causerebbero un sensibile aumento dell’inquinamento elettromagnetico per via del potenziamento di centinaia di nuove torri telefoniche nelle città. Inoltre si creerà una serie di problemi di compatibilità con la ricezione della tv digitale terrestre con la conseguenza inevitabile che l’utente dovrà ancora pagare di tasca propria per modificare l’impianto di ricezione con adeguati filtri ed acquistare nuovi decoder in grado di supportare tali problematiche».

«Le disposizioni del decreto legge Omnibus vogliono sopprimere un servizio gratuito di comunicazione televisiva offerta dalle emittenti locali per consegnarlo nelle mani del business delle compagnie telefoniche multinazionali. Tale esproprio è in contrasto con la libertà di comunicazione (articolo 21 della Carta) e con la libertà d’impresa (articolo 41 della Carta)».

7 thoughts on “Digitale terrestre: arriva il Beauty Contest, si allontana lo Switch-off

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  2. Davvero un pasticcio, si rischia veramente di rimanere divisi in due (televisivamente parlando)per un paio d’anni tra le regioni già in digitale e quelle che ancora non lo sono!!
    Un’ultima cosa, avete notato il vero scopo della guerra (persa) di europa 7 a rete 4? Sottrarre le frequenze a copertura nazionale per realizzare …. una nuova pay tv in mano a chi? non certamente a vantaggio dei cittadini!!
    ciao a tutti

  3. Nuova riunione del CNID il 14 aprile

    Il governo ho fissato per il 14 aprile alle ore 10 l’ennesima riunione del CNID (Comitato Nazionale Italia Digitale) per definire i calendari degli Switch-off del digitale terrestre.
    Voci di corridoio non confermate prevedono drastiche decisioni sulla pianificazione del passaggio, dati i forti attriti con le associazioni delle tv locali:
    gli Switch-off potrebbero quindi essere rimandati tutti al 2012 con la Liguria, la Toscana e l’Umbria legate dallo Switch-off del sud della Francia e della Corsica passerebbero al digitale terrestre nel febbraio/marzo del prossimo anno. Di seguito sempre nel primo semestre del 2012 toccherebbe a Marche, Abruzzo e Molise. Infine per Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata lo Switch-off sarà eseguito nel secondo semestre del 2012, molto probabilmente da settembre fine a dicembre.

  4. Non capisco perché questo articolo difende le tv locali come se fossero povere e indifese.
    Nella mia regione FVG tengono una frequenza per metterci un solo programma invece di unirsi con altre tv locali, occupano frequenze non italiane e soprattutto fanno SOLO ED ESCLUSIVAMENTE televendite. Le 2 televisioni locali decenti che parlano del territorio vanno avanti comunque, e se bisogna proprio assegnare frequenze spero proprio che le assegnino a grandi network e non a delle tv locali del caspio che trasmettono solo cure dimagranti o mignotte dopo la mezzanotte!

    1. Le tv locali non sono povere e indifese, soprattutto quelle unite dalle potenti syndacation (che negli anni 80 hanno creato tra l’altro la tv commerciale nazionale). Ma sono una realtà del nostro paese, che conta 3/4 network tv nazionali e poi il nulla, in un mercato che con l’avvento (a passo di lumaca) del digitale terrestre dovrebbe crescere nella concorrenza (lo ha detto oggi anche l’OCSE). Certo forse sono troppe queste piccole tv, ma col loro lavoro garantiscono da anni l’informazione locale e un certo pluralismo che non esiste a livello nazionale. Inoltre non si tratta di una questione di gusti televisivi. Le “odiate televendite” (che ad esempio costituiscono una grossa percentuale della programmazione dei canali Mediaset) e gli spot di queste emittenti alimentano il mercato pubblicitario delle varie regioni e l’economia delle piccole imprese di questo paese. Questa realtà andrebbe tutelata, come sostengono molti rappresentati delle Regioni. Invece il governo, estremamente impegnato a favorire le tv del premier, ha stabilito leggi e regolamenti per il passaggio al digitale terrestre senza prendere in considerazione questo comparto che rappresenta una realtà industriale. Purtroppo in questa Italia la tv (quella commerciale ma anche quella pubblica) è un affare per pochi, pochissimi, che possono e vogliono prendersi tutto, per fare profitto, per imporre le proprie campagne elettorali e per trasmettere ugualmente pietosi spettacoli di meretrici (di nome e di fatto anche prima della mezzanotte) e vendite angoscianti di materassi.

    2. In effetti condivido quello che dice “fs”: le tv locali dopo un periodo di splendore e di idee innovative, si sono affievolite in particolar modo quelle a livello provinciale con programmi a dir poco raccapriccianti (televendite di paccottaglia, scomparsa di informazione e cronaca locale) mentre sembrano sopravvivere solamente quelle a livello regionale, consolidate in moltissimi anni di attività. Ad esempio in Toscana, dove vivo, sono a mio avviso degne di nota soltanto “rtv 38” e “Italia 7” per il resto è ben misera cosa. Inoltre anche il mancato spontaneo passaggio al digitale di queste piccole tv come sembrava dovesse avvenire qualche anno fa, la dice lunga sulla capacità di offrire contenuti e servizi oltre alla misera programmazione di cui si diceva.
      Saluti

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