La mancata erogazione dei contributi statali e la liberazione della banda 700 MHz rischiano di decimare ancora una volta il settore delle tv locali in Toscana.
Italia 7 è stata l’ultima emittente locale in ordine di tempo a chiudere definitivamente i battenti. La crisi per il mercato delle tv locali è sempre presente e si fa ancora più minacciosa la riduzione delle frequenze in arrivo a partire dal 2020. Venerdì scorso è andata deserta l’asta bandita per rilevare la società editrice Il Gelsomino, che dal 1963 gestiva l’emittente toscana Italia 7, dichiarata fallita nel febbraio scorso. Ed è stato un compleanno amaro quello di Antenna 5 ,l’emittente empolese che la scorsa settimana ha festeggiato i 40 anni e versa in un profondo stato di crisi che sembra destinato ad evolvere con la chiusura.
In Toscana ci sono 25 televisioni locali: nel 2008 erano 39 e il rischio è che nell’arco di un paio d’anni ne resti soltanto una decina. In un decennio i contributi statali per le tv toscane sono passati da 8 milioni di euro a un milione e 800 mila euro e adesso anche questi pochi soldi si fanno attendere. Dal 2016, infatti, il compito di redigere le graduatorie per l’assegnazione dei fondi è tornato dai Corecom direttamente in capo al governo, a seguito di una modifica normativa che ha scatenato una pioggia di ricorsi, causa del blocco.
Spiega Filippo Lucci, coordinatore nazionale dei Corecom, che «ci sono attualmente sei ricorsi pendenti che paralizzano la redazione delle graduatorie e l’erogazione dei fondi: a questo punto o interviene il governo con una norma speciale che consente di procedere all’assegnazione mentre i contenziosi vanno avanti, oppure bisognerà attenderne l’esito, il che significa bloccare le risorse per anni».
L’unica partita che si è sbloccata, qualche giorno fa, è quella delle televisioni cosiddette «Comunitarie»: Tele San Domenico ha ricevuto circa 325mila euro, seguita da Tele Iride con 250mila euro; Sesta Rete (circa 43mila euro); Rete Tua (10mila e 600 euro). Si tratta di poche emittenti, poche risorse e procedure semplificate: il grosso del comparto, rappresentato dalle tv commerciali, per ora è a bocca asciutta.
Il settore in Toscana impiega oltre 200 persone, genera ricavi totali per oltre 16 milioni di euro (per quasi l’80% dalla pubblicità), ha un capitale netto complessivo investito di 41,5 milioni (mediamente 1,7 milioni a emittente). Il risultato d’esercizio 2015 (ultimo dato disponibile) è stato negativo per 2,6 milioni. I dati sono di Confindustria RadioTv, secondo la quale «la Toscana è fra le regioni in cui le tv registrano ricavi medi (pari a 673mila euro, ndr) inferiori al milione di euro: si tratta di un’area particolarmente caratterizzata da un frazionamento imprenditoriale molto accentuato».
Un nanismo che è destinato a scomparire, non senza traumi, a partire dal 2020 quando verranno riassegnate le frequenze per il passaggio al nuovo digitale terrestre che sarà compiuto nel 2022: tutte le frequenze attualmente concesse verranno ritirate per poi essere riassegnate con criteri molto più stringenti, ad esempio l’obbligo di trasmettere a livello regionale e non più provinciale. Per chi resterà fuori è previsto un indennizzo (circa 300 milioni totali).
Per la Toscana l’ipotesi è che soltanto una decina di emittenti riesca a sopravvivere, quelle più grandi e solide. Le piccole hanno due opzioni: aggregarsi oppure provare a resistere fino al 2020 per ottenere almeno l’indennizzo. Per resistere però servono i contributi statali, che sono bloccati. E anche sulla loro assegnazione c’è chi chiede maggiore attenzione: il Corecom e l’Associazione stampa toscana stanno pensando di avviare un monitoraggio che permetta di capire quante emittenti fanno veramente televisione e quante sono invece «Scatole vuote», con l’obiettivo di impedire a queste ultime di accaparrarsi fondi preziosi ai quali non hanno diritto.
Fonte: L’Economia del Corriere Fiorentino