Il ritardo dell’Italia nella diffusione delle reti a banda larga rispetto a paesi come la Francia o la Germania è di circa il 10% e comporta una riduzione del PIL pari all’1,5%. E’ la stima della vicepresidente della Commissione Ue, Neelie Kroes, responsabile di Bruxelles per l’Agenda Digitale, che ieri ha parlato a Roma in occasione del primo Italian Digital Agenda Annual Forum di Confindustria.
Inoltre, ha sottolineato, «il 41% degli italiani adulti non ha mai navigato su Internet, fra il doppio e il triplo di francesi, inglesi o tedeschi: per questo dico, investite perchè ogni italiano diventi tecnologico». Infatti, secondo Kroes, «investire in ICT (Information and Communication Technology) è redditizio più della maggior parte degli altri investimenti, e infatti rappresenta già la metà della crescita di produttività». Entro il 2016, secondo le stime riportate dalla vicepresidente, oltre il 10% degli acquisti avverranno online, e la quota del mercato pubblicitario in rete sarà superiore al 25%. Ancora, il settore dell’ICT offrirà possibilità di impiego a numerosi giovani disoccupati: la richiesta entro il 2015 di professionisti specializzati è stimata in circa 700 mila persone, ma gli italiani che studiano informatica sono «solo un terzo rispetto ai giovani degli altri paesi dell’Europa occidentale».
Il presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, il padrone di casa del Forum, ha lanciato un appello: «L’Agenda Digitale diventi volano della crescita. Le imprese italiane dell’ICT offrono la piena collaborazione al Governo perché l’Agenda Digitale diventi un grande progetto nazionale in grado di aprire il Paese ad un nuovo ciclo economico», ha affermato Parisi.Secondo il numero uno di Confindustria Digitale se «lo sviluppo dell’internet economy diventerà anche da noi il centro delle politiche per la crescita il contributo all’aumento del PIL potrebbe essere dell’ordine del 4-5% nei prossimi tre anni».
Dalla parte del governo tecnico in risposta arrivano le solite promesse e forse qualcosa in più. Il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, nel corso dello stesso Forum ha dichiarato che «sull’Agenda Digitale ci mettiamo la faccia», accendendo i riflettori sull’importanza del piano a cui lavora la squadra di Monti.
«Ci siamo presi un impegno: i progetti sono tanti e articolari. Ci sono da recuperare i ritardi accumulati dall’Italia in acluni settori ma non dimentichiamoci che non siamo dietro a nessuno in quanto a iniziative. Abbiamo creato una squadra stabile e probabilmente aggiungeremo una struttura di coordinamento di tutti i progetti. Ci sono troppe agenzie e dobbiamo avere il coraggio di superare il passato». Il ministro ha inoltre annunciato che il decreto Digitalia sarà messo a punto entro giugno: «Si tratta di un provvedimento legislativo che conterrà norme per lo sviluppo dell’Agenda digitale, un vero e proprio pacchetto di spinta».
Passera auspica l’intervento di tutte le forze in campo, a partire da Condindustria Digitale per un piano da realizzare «tutti insieme per realizzare un provvedimento legislativo il più possibile condiviso», osservando comunque che in questo campo «le norme possono aiutare» ma non sono sufficienti. Un ruolo importante, nel digitale, la riveste anche l’offerta che – ha ricordato il ministro – «crea la domanda». Ma alcuni industriali delle tlc, come ad esempio Bernabè di Telecom Italia, non sarebbero esattamente d’accordo.
Nel rilevare l’opportunità della collaborazione tra pubblico e privato in questo settore e il diverso ruolo che può rivestire l’amministrazione centrale da quella locale, il ministro ha rilevato che il tutto va portato avanti con un pensiero e con uno standard comune. «È giusto – ha sottolineato – che ognuno vada avanti per la sua strada, se è vero che ogni regione e ogni zona deve individuare che tipo di soluzione è più idonea, ma attenzione a non perdere soldi e tempo come in passato perché non c’era uno standard comune».
Insomma, come afferma Il Sole 24 Ore la strada dello sviluppo dell’Agenda Digitale è obbligatoria per iniettare competitività in un’economia moderna, per dare un futuro al Paese che è rimasto troppo attardato (a causa almeno in parte del berlusconismo telecentrico). Certo, a parole sono tutti d’accordo, per dare un’impressione positiva di fronte all’Europa. Ma poi in concreto emergeranno le solite e imprescindibili divisioni e i vecchi attriti di lobby e potere. Qualcosa però si deve fare. L’alternativa è quella di rimanere ai margini dell’economia mondiale.