Switch Off nuovo digitale terreste: il Bonus TV va a rilento

digitale terrestre switch-off dvb-t2 bonus tvLa campagna di incentivi dei Bonus TV, per l’acquisto di decoder o TV del nuovo digitale terrestre DVB-T2, va a rilento. Fino ad oggi spesi 9,2 milioni di euro su 151 messi a disposizione dal governo.

C’è ancora tempo per lo Switch Off del digitale terrestre e per il passaggio al nuovo digitale di seconda generazione DVB-T2 (appuntamento nel giugno del 2022), ma l’obiettivo sarebbe quello di arrivare già preparati alla transizione che farà diventare obsoleti milioni di dispositivi TV in Italia. Ma il piano del governo del Bonus TV, che dovrebbe incentivare la sostituzione dei dispositivi da rottamare, va troppo a rilento e si rischia di arrivare impreparati.

Nel mondo dei broadcaster inizia a serpeggiare l’al­larme. Perché il timore di non avere ai blocchi di partenza l’intera platea di spettatori è quello che veramente fa tremare i polsi. I dati dell’operazione Bonus TV (sconto fino a 50 euro per apparecchio che spettano alle famiglie con ISEE fino a 2omila euro) per ora mostrano piccoli numeri. Su una disponibilità complessiva di 151 mi­lioni di euro, stando ai dati Mise vi­sionati dal Sole 24 Ore, l’importo utilizzato al 16 settembre era di 9,8 mi­lioni (il 6,53% del totale) appena 96.644 contributi.  In particolare, è stato age­volato l’acquisto di 175.508 televisori e di 21.136 decoder, di cui 18.886 abili­tati alla piattaforma terrestre e 2.250 solo satellitari.

Che i numeri siano bassi lo testimoniano i dati della ri­cerca della Fondazione Ugo Bordoni elaborata lo scorso marzo: su 22,1 mi­lioni di famiglie con piattaforma digi­tale terrestre, quelle che possedevano almeno un apparato in grado di rice­vere trasmissioni DVB-T2 erano 9,39 milioni ovvero il 42.4% mentre quelle non ancora pronte erano 12,77 milio­ni quindi il 57,6%.

La sequenza mensile dei Bonus TV erogati mostra l’incidenza del perio­do di lockdown e segnali di ripresa nelle ultime settimane, ma è evidente che per colmare il gap serva un’acce­lerazione imponente.

Nel periodo immediatamente seguente la parten­za degli incentivi, tra il 18 e il 31 dicembre 2019, sono stati utilizzati 7124 contributi. A gennaio 2020 si è passati a 19.269, poi 23.789 a febbraio. A marzo e aprile, in pieno lockdown, sono stati appena 11.617 e 9.767 ri­spettivamente. Da maggio una risali­ta: 24.636,poi 30.839 a giugno, 27.584 a luglio, 27.356 ad agosto e 14.663 nel­ la prima metà di settembre.

«I broa­dcaster stanno rispettando i tempi, ma stanno emergendo criticità, ad esempio sulla rottamazione delle fre­quenze per le Tv locali perché manca­no criteri e certezze per gli indennizzi. E procede molto lentamente la sosti­tuzione degli apparecchi nelle fami­glie e questo richiede una più pres­sante ed efficace campagna di comunicazione istituzionale verso i cittadi­ni», afferma Franco Siddi,  di Confindustria Radio Televisioni.

Al di là di questi dati, per quanto ri­guarda ipotesi di rinvii della scadenza di giugno 2022, dal ministero dello Sviluppo economico (Mise), dove a coordinare la partita è la sottosegre­taria Mirella Liuzzi (M5S), filtra cau­tela. Nessuna richiesta di un rinvio è stata formalizzata – è il concetto – e comunque bisognerà muoversi entro i confini della direttiva della Commis­sione Europea.

Con gli stessi operato­ri peraltro il Mise ha concordato alcu­ni passaggi, come una nuova indagi­ne della Fondazione Bordoni i cui ri­sultati saranno pronti a novembre e una campagna di comunicazione molto aggressiva per ricordare agli utenti la scadenza e la disponibilità degli incentivi per tv e decoder. Prima della pausa estiva il Mise ha consulta­to gli stessi operatori sui messaggi chiave della campagna, che partirà verso fine anno e andrà per il 40% su spazi televisivi per il 35% sui giornali, per il 15% in radio e per il 10% con altri mezzi a partire dal web.

Intanto sta proseguendo il lavoro a monte, sulle frequenze. Un percorso necessario visto che tutta l’operazio­ne discende dal passaggio della “banda­ da 700” dalla TV alla telefonia. Quelle frequenze andranno liberate dal 2022 e da qui l’operazione passata at­traverso due leggi di Bilancio (per il 2018 e per il 2019) e un Piano nazionale di assegnazione delle frequenze (PNAF) fatto nel 2018 da Agcom e rivi­sto l’anno successivo.

In estrema sintesi, il legislatore ha pensato di com­pensare questa perdita di frequenze per la TV impostando tutto il proces­so di riassetto del sistema radio tele­visivo su un salto tecnologico. E qui si arriva al digitale terrestre di secon­da generazione DVB-T2. Ma il proces­so si regge anche sul passaggio a un sistema di codifica video più avanzato, come HEVC o Mpeg4.

Risultato? I multi­plex (le infrastrutture che”contengo­no” le frequenze) che gestivano fino a 6 canali ora potranno gestirne fino a 40. Il riassetto delle frequenze pre­vede così la riduzione da 20 (5 di Rai; 5 di Mediaset; 5 di Persidera e 1 cia­scuno per Cairo Network, Pdbs di Costantino Federico, Prima Tv di Ta­rak Ben Ammar, H3G ed Europa Way di Francesco Di Stefano) a 12 multi­plex nazionali, di cui 2 però attribuiti con procedura onerosa.

Agcom ha concluso il 16 settembre le consulta­zioni ed entro metà ottobre invierà al Mise le regole sulle quali il Ministero dovrà costruire il disciplinare di gara. Sul punto già si sa che la Cairo Network si appresta a dare battaglia con ricorsi. Urbano Cairo ha acquisi­to un multiplex nel 2014 per 31,6 mi­lioni di euro. Ora il meccanismo ri­schia di togliere metà Mux (il criterio di conversione dimezza la capacità trasmissiva per tutti gli operatori di rete) ma Cairo non ci sta dopo aver pagato per quel suo Mux partecipan­do a una gara.

E in questo quadro re­stano ancora da mettere nero su bianco i criteri di indennizzo per le Tv locali, per le quali è stata invece pre­vista una rottamazione coperta da indennizzo. Di tempo fino al 2022 ce n’è, ma accelerare inizia ad apparire sempre di più come un imperativo.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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