Canone frequenze, Persidera: per Rai e Mediaset indebito vantaggio competitivo

ti media gruppo espressoPersidera, la società nata dall’unione dei mux di TI Media e del gruppo Espresso, si scaglia contro i nuovi canoni di concessione d’uso delle frequenze del digitale terrestre, definiti pochi giorni fa dall’Agcom.

Secono quanto dichiarato dall’ad Paolo Ballerani, il nuovo operatore di rete dovrà pagare 13 milioni di euro all’anno a regime. A questi si aggiungeranno ulteriori 2 milioni, fra i contributi per le frequenze dei ponti di collegamento e contributi amministrativi per l’autorizzazione di operatore di rete. Un totale di 15 milioni di euro all’anno, il 15,6% dei 96 milioni di fatturato (72 mln di TI Media e 24 mln di Rete A nel 2013).

Secondo Ballerani, sentito ieri dalla commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della camera nell’ambito delle audizioni per l’indagine conoscitiva sui media, , «è lampante l’irragionevolezza e la non proporzionalità di questi valori in danno alla concorrenza nel mercato televisivo e al pluralismo informativo».

L’ad di Persidera ha criticato fortemente la delibera 494/14 dell’Agcom con cui si sono stabiliti i criteri per i canoni sulle frequenze. Anche perché il canone precedente in capo al gruppo TI Media con La7 e Mtv e al gruppo Espresso, con Deejay tv, era di 1,5 milioni all’anno: «Persidera, in qualità di operatore di rete puro, si troverebbe a dover sopportare un contributo incidente sul proprio conto economico in misura dieci volte superiore», ha dichiarato Ballerani.

Il dito è puntato sul medesimo trattamento riservato a un operatore puro, che «ospita esclusivamente editori non dotati di infrastruttura propria» e operatori verticalmente integrati come Rai e Mediaset, che si troveranno a pagare lo stesso canone (per 5 multiplex) ma possono godere di economie di scala e di scopo. «Ne discende che, in assenza di fattori correttivi effettivi e idonei a neutralizzare i vantaggi che gli operatori verticalmente integrati conseguono, l’Autorità consente di fatto a Rai e a Mediaset di ottenere un indebito vantaggio competitivo in totale spregio degli impegni presi con Bruxelles».

Non basta, insomma, che al canone a regime si arrivi con gradualità diversa. Dal 2001 al 2008, inoltre, Telecom Italia Media Broadcasting e Rete A hanno investito in totale circa 500 milioni per l’acquisto di frequenze e per la costruzione delle reti digitali, un fatto di cui Agcom, secondo Ballerani, ancora una volta non ha tenuto conto.

Ballerani ha ricordato che l’Ofcom (l’Agcom inglese) ha definito i contributi per i diritti d’uso dei mux nazionali pari a 230 mila euro all’anno e che a un valore simile si arriva anche partendo dai contributi per le frequenze mobili riparametrate per il diverso mercato. Vero che in questo modo il gettito per lo stato sarebbe inferiore, ma secondo l’a.d. di Persidera in base alle norme attuali l’Agcom avrebbe dovuto uniformare il sistema contributivo analogico e digitale prevedendo i contributi non solo per gli operatori di rete «bensì per tutti i soggetti operanti nel mercato radiotelevisivo».

Fonte: ItaliaOggi

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