Vendita TI Media: arrivano solo tre offerte per La7

Tre sole offerte non vincolanti per Telecom Italia Media giunte agli advisor Mediobanca e Citigroup, in particolare per i canali televisivi La7 e Mtv, mentre per TIMB, l’asset che gestisce le infrastrutture di trasmissione in digitale, il numero di proposte potrebbe essere più alto.

È questo il primo bilancio che si può trarre dopo che ieri alle 12 è scaduto il tempo per presentare le offerte non vincolanti. Al primo traguardo sarebbero arrivati il fondo Clessidra di Claudio Sposito, l’americana Discovey Channel e la cinese H3G che in Italia controlla l’operatore telefonico 3. Mancano all’appello nomi importanti come RTL, la società lussemburghese controllata da Bertelsmann, ma anche la Cairo Communications che ha in essere il contratto di concessione pubblicitaria de La7.

Per il momento, non trapelano indiscrezioni sulle cifre offerte, poiché dall’entourage di Sposito non confermano i 300 milioni cash più 150 milioni di accollo debiti che ieri l’agenzia Ansa gli ha attribuito. Quel che sembra certo è che l’ex ad della Fininvest ha fatto un’offerta per le due società insieme, mettendo dunque in un solo pacchetto i multiplex – che nelle passate transazioni sono arrivati a valere oltre 200 milioni l’uno – e i canali televisivi che nel primo semestre hanno perso 35 milioni con un indebitamento che ha sforato i 200 milioni. La volontà del fondo di private equity sarebbe quella di andare fino in fondo. Sposito, comunque, non esclude che in un secondo momento possa imbarcare insieme a lui altri fondi specializzati in infrastrutture anche per alleviare l’impiego di risorse. E, in ogni caso, per la programmazione si avvarrà della competenza di Marco Bassetti, noto produttore cresciuto negli anni ’80 a fianco della futura moglie Stefania Craxi e poi dalla fine degli anni ’90 nella Endemol di John De Mol, il produttore del Grande Fratello.

Non è chiaro invece se la H3G del magnate cinese Li-Ka Shing abbia interesse ad acquistare solo i multiplex, eventualmente da trasformare in frequenze telefoniche, o anche a La7 e Mtv. Prima di ieri di diceva che poteva allearsi con Cairo per la parte tv e non si può escludere che ciò possa succedere in un secondo momento, quando dovranno essere formulate le offerte vincolanti.

Infine, Discovery Communications è un’azienda americana che opera in 270 paesi con 140 canali televisivi tematici distribuiti in 40 lingue diverse. Un colosso che era di proprietà del tycoon John Malone ma che in seguito a uno spin off e alla quotazione in Borsa è diventata una sorta di public company. I canali più diffusi sono Discovery Channel e Animal Planet e sembra molto probabile che in caso di aggiudicazione gli americani rivolterebbero come un guanto il palinsesto generalista de La7.

In Borsa nel frattempo la tensione sulla gara si è stemperata: il titolo ieri ha chiuso con un tranquillo +0,32%. Il quadro, dopotutto, sarà più chiaro nelle prossime ore o nei prossimi giorni, quando gli advisor compieranno l’analisi di quanto ricevuto, sempre che nelle prossime ore non si aggiunga qualche outsider: il termine di ieri, infatti, non era tassativo e al momento la fase dell’operazione di vendita viene ancora definita del tutto preliminare.

Tuttavia il fatto che si siano presentati solo tre pretendenti dimostra quanto sia difficile vendere in questo momento una tv generalista con i conti pesantemente in rosso. Soprattutto a causa della campagna acquisti di conduttori e trasmissioni che l’ad Gianni Stella ha avviato da circa un anno. I veri numeri della società verranno messi a conoscenza degli offerenti solo nella seconda fase della gara quando avranno accesso alla data room.

Sempre nel corso del cda di giovedì sarà affrontato anche il tema della societarizzazione della rete. Sul tema, in un’intervista a Bloomberg, Marco Fossati, numero uno di Findim, azionista col 5%, è tornato a promuovere lo scorporo. «I tempi – ha detto – sono maturi per andare avanti con lo spinoff. Questa opportunità non deve essere sprecata perchè le condizioni possono esserci ora, nei prossimi due o tre mesi, o mai più».

Fonti: la Repubblica | lastampa.it

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