Con un annuncio dei suoi il premier non eletto Matteo Renzi ha dichiarato venerdì scorso che i tempi sono scaduti e che la riforma della Rai non è più rinviabile.

E nonostante le ultime smentite provenienti da Palazzo Chigi, gli obiettivi del decreto fantasma sulla riforma dell’azienda tv pubblica rimangono quelli di svincolare Viale Mazzini dalle forze politiche e di cancellare per sempre la famigerata legge Gasparri.

La riorganizzazione della governance Rai dovrà però passare per le forche caudine dei partiti, e dovrà poi essere ultimata per fine marzo, prima che la commissione di Vigilanza riesca a rinnovare il cda (in scadenza a giugno) con le vecchie regole della Gasparri, che distribuisce generosamente i consiglieri per ogni schieramento politico. Le prime resistenze contro l’autonomia e l’agognata indipendenza della Rai dalla politica si sono già fatte sentire pochi giorni fa in commissione di Vigilanza in occasione della votazione sulla riforma dell’informazione tv pubblica, che ha generato 17 note negative per il piano news del dg Gubitosi.

Per ora in parlamento è stato depositato solo uno schema di riforma, a firma di Michele Anzaldi. Il piano di Renzi vorrebbe eliminare i poteri della Vigilanza Rai e riformulare la struttura dirigenziale con un amministratore delegato con pieni poteri sui conti e un direttore generale che controllerebbe il prodotto. La governance sarebbe affidata ad una fondazione (sul modello del trust inglese) che avrebbe il compito di nominare i consiglieri (al massimo 4 o 5). Rimane però il nodo della legittimazione delle nomine: i candidati dovrebbero essere sottoposti al vaglio del presidente della Repubblica, come accade in Gran Bretagna con la Regina e le nomine Bbc.

Un nome per il sostituto di Gubitosi alla guida della Rai c’è già. E’ quello di Antonio Campo Dall’Orto, ex dirigente di Mediaset, fautore di Mtv Italia, a La7 ai tempi di Tronchetti Provera, vicepresidente di Viacom. Attualmente siede nel cda di Poste Italiane e si dice sia molto vicino a Renzi. Il suo compito sarà quello di trasformare la tv pubblica nella versione renziana non solo nella governance ma anche nella gestione editoriale.

Secondo il Fatto Quotidiano l’esecutivo punterebbe infatti a ritoccare il contratto di servizio tra la Rai e lo Stato, convenzione che andrà a scadere il prossimo anno. E il piano di riforma punterebbe a sfoltire il numero di canali, a ridurre ancor più gli sprechi, e a investire sui portali internet e su una nuova emittente in lingua inglese. Anche se l’attuale contratto di servizio prevede l’apertura di nuovo canale dedicato all’informazione istituzionale, politca e parlamentare italiana.

Fonti: Il Messaggero | Il Fatto Quotidiano

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Redazione
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