La Rai ingaggia una società esterna per schedare i contestatori del canone

Schedare il popolo dei contestatori del canone. La Rai, un po’ per cercare di recuperare soldi da una presunta evasione di circa 600 milioni l’anno, un po’ per provare a sveltire qualche procedura, ha deciso di affidarsi ai prodigi dell’informatica e a una società esterna.

Quest’ultima, sulla base di archivi di proprietà dell’Agenzia delle Entrate e di fatto svolgendo un’attività per conto dello stesso ente diretto da Attilio Befera, avrà il compito di «trattare a terminale» tutte le contestazioni che ogni anno arrivano da quegli utenti che hanno ricevuto un sollecito di pagamento, ma non ritengono giusto dover versare il canone. In più, dopo la lavorazione e l’opportuna scrematura, la società esterna dovrà provvedere a un’«archiviazione ottica» per la creazione di appositi files.

Ma quante sono le contestazioni che piovono su Viale Mazzini? Ebbene, la Rai ha calcolato che negli ultimi tre anni queste hanno raggiunto un totale di 1.411.110. Tracciando una media, la società guidata dal direttore generale Luigi Gubitosi prevede una lavorazione di 450-550 mila contestazioni all’anno. Per il servizio, come emerge da un apposito bando di gara, l’azienda televisiva è disposta a mettere sul piatto 1 milione e 378 mila euro. Dalle parti della Rai l’idea è che tra queste circa 500 mila opposizioni annue ai solleciti di pagamento si celino giustificazioni false.

La stessa azienda pubblica, nei documenti predisposti in vista della gara, ricorda che possono esserci due situazioni tipo: l’utente afferma di essere già abbonato, oppure contesta l’obbligo del pagamento del canone. Nel primo caso può accadere che il «ricorrente» sostenga di essere titolare di un abbonamento speciale o di una licenza gratuita che gli dà diritto all’esenzione. Nel secondo caso, sempre a titolo di esempio, può capitare che l’utente opponga di aver ceduto a terzi l’apparecchio televisivo o di non possedere affatto una tv.

Questo è il quadro di base, all’interno del quale capita che la Rai abbia torto nel richiedere pagamenti effettivamente non dovuti. Ma il bilancio di Viale Mazzini, scontando da questo punto di vista un autentico crescendo rossiniano, parla di anno in anno di un’evasione del canone da 600 milioni. Con questa sorta di schedatura, emerge dai vari documenti, si dovrebbe avere il beneficio di «una definizione più rapida delle contestazioni», con conseguente «riduzione del numero dei solleciti emessi» e «miglioramento del servizio con una maggiore soddisfazione dei cittadini coinvolti».

Tecnicamente, poi, si spiega che le 450-550 mila contestazioni annue oggetto della lavorazione «verranno suddivise per priorità di trattazione». Dopodiché, «sulla base dei dati visualizzati e dei criteri stabiliti, in funzione della comunicazione del titolare, dovrà essere immessa una codifica numerica per la definizione della contestazione o per un’ulteriore richiesta di chiarimenti all’utente». Un dettaglio delicato è che la lavorazione delle contestazioni «avviene con apposita autorizzazione Sat su archivi di proprietà delle Entrate, in uso alla Rai come previsto dalla convenzione in essere». Ne consegue che l’attività che dovrà svolgere l’impresa «rientra tra quelle effettuate per conto dell’Agenzia delle entrate e riguarda il pagamento di un tributo».

Fonte: MF

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