Da un articolo di Andrea Lawendel del 22/11/2010 sul Corriere Economia:
Tra il graduale spegnimento degli impianti analogici e la crescita generale della comunicazione video-digitale, il mondo della televisione si sta trasformando. Offre nuove opportunità di sviluppo economico e sociale, ma porta anche parecchie incertezze.
Un anno fa il rapporto Censis-Ucsis sulla comunicazione sanciva l’entrata delle “nuove forme di televisione” nelle abitudini degli italiani, in particolare la tv via internet aveva triplicato la propria utenza, passando dal 4,6% al 15,2% della popolazione.
Alla fine del 2010, che cosa è cambiato? E quali sono queste nuove forme? Quanti spettatori interessano, che volume d’affari generano? Le prime valutazioni si basano sull’incorcio dei sistemi nati dalla convergenza di diverse piattaforme analogiche verso un’infrastruttura digitale a due facce. Da una parte, cioè, i modelli “diffusivi” della radiotelevisione, ormai digitalizzati; dall’altra, quello delle reti a larga banda, già digitali in partenza: Internet e la telegonia cellulare.
Lo stile Relax
La distinzione più efficacie è quella basata sulle dimensioni dello schermo e sullo stile di fruizione dei contenuti. Andrea Rangone, responsabile degli Osservatori tecnologici della School of management del Politecnico di Milano, parla di “Sofà Tv” e “Pc Tv”. La prima identifica il modo di guardare la tlevisione di chi è rilassato, abbandonato sul divano. La seconda uno stile più coinvolgente, che ci vede protesi verso lo schermo del personal computer. Una terza modalità è la Mobile Tv: riguarda il consumo televisivo sul cellulare. La rapida evoluzione della tv si è finora concentrata, secondo Rangone, sul versante tecnologico, rallentando sul piano demografico ed economico.
Canale YouTube
Il fenomeno recente più vistoso riguarda i televisori connessi, gli apparecchi capaci di sintonizzarsi sulla tv digitale terrestre e su Internet, usufruendo di contenuti tipicamente Web come i video di YouTube o le offerte interattive di diversi operatori, inclusa “Corriere Tv”.
Secondo Gfk, tra ottbre 2009 e settembre 2010 sono stati venduti 304 mila televisori connessi (per 377 milioni di euro di valore), ma l’Osservatorio New Media del Politecnico parla di un milione di pezzi entro fine anno. «Il prodotto è talmente nuovo – dice Rangone – che a volte gli stessi acquirenti non sanno che il loro televisore può navigare su Internet».
Ciò che è rilevante, però, è che finora resta il televisore a dominare su Internet, e non viceversa. Difatti il mercato ruota ancora attorno al Sofà Tv, che con 3,86 miliardi di fatturato all’ottobre 2010 copre, come lo scorso anno, il 98% dei ricavi complessivi della tv digitale.
Oggi un televisore convenzionale può essere “internetizzato” anche con accessori esterni. I decoder ibridi come BlobBox, annunciato da TeleSystem e Tv Blob (199 euro), o la Boxee Box di D-Link (in preordne a 299,99 euro), sono entrambi capaci di ricevere la tv digitale, il video e le informazioni di Internet. Oppure ci sono i media server, che fanno da ponte tra il pc e la tv: secondo Gfk, ne sono stati venduti 90 mila in un anno, valore 9 milioni.
La IPTv di Telecom & C.
E poi c’è la IPTv, la Internet Tv, di operatori come Telecom Italia, Wind, Fastweb, che viaggia su reti dedicate e vanta, secondo l’Associazione italiana degli operatori IPTv, 600 mila abbonamenti. L’ultimo protagonista qui è Vodafone con Tv Connect, un accessortio appena lanciato, rivolto all’utenza ADSL della Vodafone Station: anche qui, con un pacchetto composto da digitale terrestre, contenuti e applicazioni da Internet.
Quanto vale questo mercato? «Circa 4 miliardi quest’anno», stima Rangone. Quasi la metà dei 10 miliardi di fatturato complessivo della tv. E la televisone che nasce dal Web, attraverso il pc o il tablet? Secondo gli osservatori non vale al momento più di 80 milioni.
Se la tv tradizionale attira, secondo Nielsen, ancora 45 milioni di utenti, i consumatori di video online a inizio 2010 erano 14,2 milioni (su oltre 24 di navigatori di Internet), mentre gli spettatori della Net Tv – l’offerta online degli operatori televisivi – erano 2,7 milioni. Discutendo di video-pubblicità su Internet all’ultimo Iab Forum, Piero Garuffi, responsabile di Rai Net, ha detto che il portale Internet della Rai trasmette 22 milioni di videoclip al mese a 3,1 milioni di utenti, metà dei quali interessati a rivedere, grazie al “catch up tv“, le puntate televisive perdute. Gli spettatori delgi schermi alternativi alla tv aumenteranno, ma il potenziale economico e il modelli di business restano incerti.
Le incertezze di sicuro non riguardano le aspettative e le nuove esigenze di consumo del pubblico televisivo, che ha subito intuito le potenzilità di servizi on demand come il portale di Rai Net o l’offerta commerciale di Mediaset Premium on demand. Le incertezze non concernono nemmeno i nuovi modelli di business, improntati sulla pubblicità personalizzata e mirata, e adottati dai gruppi media tv e dalle società produttrici di contenuti che si stanno ampiamente affermando in USA e in UK.
Le possibilità di sviluppo di questo mercato rimangono bloccate dagli evidenti limiti infrastrutturali delle reti italiane, assolutamente non in grado di reggere un traffico in streaming di portata televisivo nazionale, e dall’ostruzionismo dei governi e dei ministeri che si affannano oramai da troppo tempo a difendere e sviluppare il monopolio mediatico italiano improntato sulla televisione tradizionale.
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