Il Muro attorno al Digitale Terrestre

Da un articolo di Stefano Feltri e Carlo Trecce su Il Fatto Quotidiano del 20/05/2011:

Il ministro dello Sviluppo Paolo Romani sta costruendo un perfetto muro burocratico attorno al digitale terrestre. Scopo: evitare sorprese spiacevoli nell’assegnazione delle frequenze, meglio lasciare il potere tv diviso nelle stesse fette in cui è ripartito oggi.

A Mediaset, ovviamente, osservano molto soddisfatti quello che sta succedendo tra il ministero di via Veneto e Bruxelles, dove il commissario europeo alla Concorrenza Joaquín Almunia è sempre più nervoso. La motivazione è la gestione del cosiddetto beauty contest, cioè la procedura che regalerà i pacchetti di frequenze digitali (multiplex) ai soliti noti: Mediaset, Rai, Telecom Italia Media (La7), probabilmente Sky, forse qualche altro gruppo editoriale tipo Espresso o Rcs. Ma per i veri “nuovi entranti” ottenere un multiplex sarà quasi impossibile.

Romani, infatti, ha preso il regolamento della “gara ” stilato dall’Agcom, che già aveva fatto imbufalire i consiglieri di opposizione dell’autorità di vigilanza sulle telecomunicazioni, e lo ha reso ancora più rigido, preparando un bando di gara che circola in queste settimane tra gli addetti ai lavori. Molti dettagli, però, restano in sospeso e saranno definiti in un “disciplinare di gara” che ha un vantaggio rispetto al bando: non deve passare obbligatoriamente da Bruxelles per l’approvazione.

Romani, però, per stare sul sicuro, starebbe preparando una precauzione ulteriore: secondo quanto riferisce una fonte vicina alla questione, neppure nel disciplinare ci sarebbero indicazioni precisi sull’advisor, la commissione, di nomina ministeriale (cioè dello stesso Romani) che deve vigilare sulla gara. Ed è chiaro che scegliere i nomi giusti può contare parecchio. Di sicuro, nell’attesa dei dettagli, i tempi si allungano e il nuovo assetto della tv digitale non sarà definito prima di fine anno, e più passa il tempo più Mediaset riesce a consolidarsi nella nuova tecnologia, visto che è l’unico attore dinamico (Telecom non sa se uscire dal settore tv, la Rai non è certo iperattiva e Sky è costretta all’immobilismo in attesa delle frequenze).

In palio ci sono 5 multiplex –pacchetti di frequenza per la trasmissione – per tre gruppi che saranno giudicati dalla commissione ministeriale ancora misteriosa. Il gruppo A (3 multiplex) è destinato ai nuovi operatori di mercato, ovvero aziende per ora assenti sul digitale terrestre. Il gruppo B (2 multiplex) è riservato, perché disegnato su misura, a Mediaset, Rai e La 7. Il gruppo C (1 multiplex) è per la televisione sul telefonino e potrebbe far gola anche a Mediaset. La gara che immagina il ministero e fa infuriare l’Unione europea, non prevede distinzioni: i concorrenti dei gruppi A e B saranno inseriti in un’unica classifica, classifica, il risultato di un’assegnazione di punti con criteri che agevolano colossi come Mediaset e Rai e penalizzano le società che vogliono entrare nel mercato.

Chi vincerà il beauty contest avrà diritto di scelta e dunque sarà favorito perché i multiplex in gioco sono diversi. Due dei cinque multiplex hanno una frequenza che vale per l’intero territorio nazionale, vuol dire che il segnale viene ricevuto ovunque senza costi aggiuntivi. Poi ci sono due multiplex con due frequenze e un multiplex con tre frequenze. A parte l’aspetto tecnico, Rai e Mediaset puntano ai primi due multiplex. E adesso è utile capire come verranno assegnati i punteggi, divisi per tre categorie: il massimo è cento, frazionato per 35, 35 e 30. Il pacchetto di punti più consistente viene concesso a chi ha sedi operative e vasta presenza sul territorio, a chi ha il maggior numero di dipendenti e chi, in particolare, dispone di una rete, di una struttura per trasmettere il segnale. E Mediaset, più di viale Mazzini, vanta una rete ampia e disseminata in ogni angolo d’Italia. Dunque, gran parte dei 100 punti andrà a beneficio di aziende già consolidate, si premia la forza attuale invece che le prospettive di sviluppo e le idee.

In pratica bisognerebbe prima essere una televisione di successo, assumendo dipendenti e creando sedi, e poi candidarsi per ottenere le frequenze. Nessuno può permettersi il rischio di un simile investimento iniziale a fronte dell’incertezza sull’esito della gara. Come fa quindi chi deve costruirsi una rete per la trasmissione o deve prenderla in affitto? Deve fornire ampie garanzie, impegnarsi con il Ministero: “Per realizzare il progetto di rete ciascun partecipante – scrivono i tecnici di Romani nel bando di gara – potrà utilizzare la configurazione che più si adatta alle sue necessità. Calcolare e comunicare i dati di copertura relativi”. Morale: tappeto rosso per Rai, Mediaset, La7, Sky e per i gruppi editoriali, paletti per i novizi del video.

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