Da un articolo di Andrea Montanari su Milano Finanza del 25/09/2010:
Quando si dice Spagna, parlando di televisione digitale terrestre, si pensa all’Italia. Perchè i due principali operatori privati del mercato iberico sono Mediaset, con Telecinco, e De Agostini, azionista di rilievo di Planeta che controlla Antena3. E sono queste due emittenti che si contendono il primato di ascolti e raccolta pubblicitaria, in un contesto che, con l’avvento del digitale, è stato stravolto.
A partire dal numero di canali attivi: non più le sei-sette emittenti nazionali tradizionali ma le oltre 50 reti che si possono vedere a Madrid, Barcellona e nelle altre principali città spagnole. Una rivoluzione che ha prodotto un primo, importante risultato: il drastico calo degli ascolti di ciascuno canale, il che pesa sulla raccolta pubblicitaria, principale voce di entrata per le aziende del settore. Sul mercato locale, in questi mesi, si è assistito a un lungo ma costante declino dello share medio dal 30 al 20% fino ad arrivare al 13,5% e ancora più giù. Ma quello che pare una débacle sistemica in grado di stravolgere i conti di tutti i gruppi, a partire dalla tv di Stato Tve, tornata in agosto al vertice della classifica con il 15,4% di share medio, è divenuta la regola di mercato.
Con l’agguerrita concorrenza di quelle che nell’era analogica erano semplicemente emittenti locali di poco peso, i big devono accontentarsi di ascolti più bassi: non è un caso che ai vertici di Telecinco e Antena3 non ci siano stati ribaltoni malgrado le medie siano calate rispettivamente al 13,3 e all’11%. Anche perchè, fanno notare esperti e analisti di mercato, non bisogna fermarsi al singolo dato dell’emittente principale. Telecinco, infatti, può contare sull’offerta di Boeing, La Siete e Factoria de fiction, mentre Antena3 propone anche i canali Neox, Nova e Nitro.
Entrambi i competitor che ogni anno sostengono costi per 450 milioni, arrivano a sommare uno share superiore al 17%, che si traduce in maggiori introiti da spot. Anche perchè il governo di Zapatero ha proibito all’emittente pubblica di trasmettere pubblicità: si tratta di una raccolta di 430 milioni, già spalmati tra gli altri operatori.
Mediaset, con Telecinco, dai prossimi mesi inoltre potra contare sull’apporto di Cuarto (7,4% di share) che sta per rilevare da Sogecable e, indirettamente, su quello di Digital+ del quale acquisirà sempre da Sogecable il 22%. Ma proprio questa doppia mossa del Biscione potrebbe avere ripercussioni sul business. Perchè non è da escludere che l’Authority spagnola potrebbe porre paletti in chiave commerciale e pubblicitaria. Tra l’altro il proliferare di tutte queste reti gratuite rischia di limitare le potenzialità dell’offerta a pagamento di Digital+, che oggi conta su un bacino di 2 milioni di abbonati disposti a pagare fino a 110 euro al mese.
Dopo i due grandi gruppi Telecinco e Antena3, la presenza italiana in Spagna è rafforzata da Rcs Mediagroup, che con la controllata Unedisa ha potenziato l’offerta di Veo con il canale Marca Tv, mutuato dall’omonimo quotidiano sportivo, e l’offerta pay di AXN, in accordo con Sony. In futuro potrebbe poi lanciare un’emittente tematica all news che sfrutti la forza del quotidiano El Mundo. Il legame tra l’industria editoriale italiana e il mercato dell’informazione televisiva iberica dimostra come tra i due paesi ci siano affinità legate non solo alla vicinanza culturale dei telespettatori.
Da ciò che accadrà in Spagna giungeranno indicazioni sull’evoluzione del business in Italia, dove l’offerta della Rai è ancora ingessata, limitandosi a pochi canali gratuiti. Il primo player privato, Mediaset, deve barcamenarsi tra la consolidata posizione dei propri canali tradizionali e le potenzialità dell’offerta a a pagamento Premium. Un terzo competitor Telecom Italia Media, prima deve rafforzare La7 e poi badare all’indebitamento. Infine, il quarto incomodo, Sky Italia, focalizzata sul satellite a pagamento ma che ha messo un cip, il canale-vetrina Cielo, sul digitale, è pronta a crescere. A questi si aggiungono le decine di tv locali che in certe aree, vedi la Puglia o la Lombardia, godono di robusti ascolti.
La Spagna è passata integralmente alla tv digitale terrestre l’aprile scorso. Molti dei mutamenti che stanno avvenendo nel mercato spagnolo si stanno dimostrando una realtà anche nel nostro paese. I dati di rilevamento televisivi, nelle regioni italiane già passate al dtt, misurano costantemente una frammentazione degli ascolti distribuita tra i nuovi canali digitali, e registrano sensibili cali d’ascolto sulle 7 reti principali nazionali. Il passaggio alla nuova tv sta decretando la morte inevitabile di molti canali locali e l’unione attraverso consorzi delle emittenti regionali più forti.
Similitudini e differenze si possono osservare invece tra il panorama spagnolo e quello italiano del mercato tv al cospetto del passaggio alla tv digitale. Nella penisola iberica si assiste a una sfida di mercato tra grossi gruppi privati dove vige ancora la concorrenza, anche se Mediaset sta affannosamente cercando di raggiungere una posizione di predominio, con la tv pubblica Tve che fornisce esclusivamente un servizio appunto pubblico.
Nel mercato italico invece il passaggio al digitale non sta mutando gli assetti monopolistici della vecchia tv analogica che vigono da più di vent’anni nel nostro paese. Un solo grosso gruppo privato (Mediaset), che gestisce più dell’80% della raccolta pubblicitaria, si confronta ormai da anni in una falsa concorrenza con l’azienda televisiva pubblica, la Rai, l’unico vero competitor gestito come una società privata dagli stessi poteri politici ed economici che detengono l’altro polo televisivo. Gli altri competitor privati, come TI Media, il gruppo Espresso e Sky Italia, vessati da barriere d’entrata, condotte anticoncorrenziali e monopoli di fatto, fanno un’enorme fatica per divenire competitivi o per entrare nel mercato del digitale terrestre.
Ma mentre in Spagna Mediaset, considerata un’azienda alla pari con le altre, può perdere le cause contro You Tube sulle rivendicazioni dei diritti tv dei programmi di Telecinco, in Italia il governo, l’Autorità per le garanzie e i tribunali si impegnano allo spasimo per tutelare i profitti e l’assurda posizione dominante dell’impero del Biscione.