Da un’intervista di Pierpaolo De Lauro su Terra del 04/01/2011:
Il sociologo Derrick de Kerckhove ci spiega cosa ci attende nel futuro dei media digitali. Una lunga lotta per la libertà guidata dagli utenti contro i poteri dei giganti.
Professore qual è stato secondo lei l’evento più significativo nel mondo dei media negli ultimi dieci anni?
Di sicuro l’attacco alle Torri Gemelle. Tutto il resto è dipeso da lì, anche l’avvento di Obama. L’elezione fraudolenta di George Bush ha rovesciato 8 anni di pace e di commercio mondiale in un’era di violenza, di rapina e di monumentale corruzione partendo direttamente dal governo americano. Siamo stati tutti ostaggio di una manipolazione degna dei racconti peggiori del mondo medievale, rivisti da Orwell.
Google e Facebook sono due giganti che dominano la rete, non pensa che alla lunga questa supremazia possa portare a una carenza di libertà?
Google e Facebook sono creature della rete, come Wikipedia e WikiLeaks. La tendenza verso i grandi monopoli sarà sempre presente sino al momento in cui la gente capirà che l’appropriazione di controllo e di fortune ingenti è una malattia non qualcosa da ammirare. Però prima o poi la libertà domina sempre. E la rete è molto capace a difendersi.
Scendere a patti con dittature, accettare la censura, secondo lei è accettabile cedere e offrire comunque alla popolazione uno strumento di comunicazione?
Non si rovesciano le cose in corso; la resistenza al controllo deve essere permanente e assoluta. Se non possiamo ottenere i nostri diritti umani e sociali con la pace lo faremo con la guerra come durante la rivoluzione francese. Cosa è successo lì? Un settore sempre più potente della società francese verso la fine del Settecento ha capito che le fonti della nuova economia non venivano più dall’agricoltura e dalla terra, proprietà dell’aristocrazia, ma dal commercio, dall’industria, in altre parole dalla borghesia sempre più ricca tenuta, però, sotto il controllo da un’aristocrazia debole e mal educata con un forza militare dispersa. Oggi abbiamo visto l’inutilità dell’esercito americano e multinazionale contro la guerriglia e la resistenza dei vari gruppi d’interesse non convenzionale; oggi noi vediamo anche che l’economia più promettente è quella della rete piuttosto che quella del petrolio, dinosauri sopravvissuti dell’era meccanica. A un momento di esagerazione del potere gerarchico tradizionale (tipo decreti Alfano, malversazioni della destra Italiana e altre forme di oppressione illegittima), gli Italiani si sveglieranno dal loro letargo e si metteranno a combattere le grande corporazioni che giocano i ruoli di oppressione.
Passando al diritto d’autore, oggi l’attenzione si sta spostando dagli utenti ai siti che offrono materiale coperto da copyright, è la strada giusta secondo lei per tutelare i singoli e colpire il mercato illegale?
Il mercato veramente immorale se non illegale è quello che è protetto dalla legge ed è interamente controllato per il beneficio del distributore, primo nella catena del profitto mentre il creatore è l’ultimo nella catena del consumo. Ciò è evidente nella problematica legata all’IVA sui libri elettronici. Su prodotti adatti ai tempi si pagano più tasse. Con la rivista Media duemila di cui sono direttore scientifico abbiamo organizzato un dibattito su Diritti d’autore ai tempi di Internet in occasione del premio Nostalgia di futuro che organizziamo ogni anno. Ebbene abbiamo coinvolto i protagonisti di ogni segmento di mercato, editori di carta stampata e editori televisivi, il risultato? Per una volta tutti d’accordo bisogna riscrivere le regole del mercato per permettere a vecchi e nuovi protagonisti di convivere e vivere creando opportunità di business adatti al terzo millennio.
La tv, secondo lei l’avvento del digitale terrestre in Italia ha aperto le porte al pluralismo?
Certamente ha aperto le porte della caverna d’Ali Babà a un piccolo oligarchia di bugiardi sulla necessità di prolungare l’infantilismo televisivo del pubblico Italiano trattato malissimo di sui media come dal suo governo.
Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo decennio nel campo dei media?
Niente di grande almeno finché il potere non passerà veramente dal broadcasting del governo al multicasting di Twitter, di Wikileaks e del crowdsourcing.
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