L’indagine della Procura di Milano sull’acquisto dei diritti tv della Serie A per il triennio 2015-2018 collega i sospetti dell’Antitrust sulla posizione dominante di Infront e l’arresto di un barone che gestisce conti in Svizzera.
La ricca spartizione dei diritti televisivi del calcio italiano è da qualche mese al centro di un’indagine (segretamente avviata a maggio scorso) della Procura di Milano. L’ipotesi seguita dai pm Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi è che qualcuno avrebbe gonfiato i costi. Secondo le fonti di Repubblica non ci sarebbero, coinvolgimenti per reati societari, ma comportamenti infedeli da parte di chi ha un ruolo diretto nella gestione dei diritti.
I primi sospetti sono arrivati dopo che l’Antitrust si era presentata in Lega Calcio con un decreto di sequestro per acquisire le carte per l’assegnazione dei diritti televisivi per le prossime tre stagioni di Serie A. L’organo di controllo sospetta di un presento trust tra i grandi club di calcio per garantirsi la parte più grossa dei diritti. Poi sulla scrivania del pm Pellicano sono arrivati gli sviluppi dell’inchiesta sul barone Filippo Dollfus de Volkesberg, finito in manette a maggio con l’accusa di gestire conti cifrati in Svizzera a imprenditori italiani di primo piano, compreso chi, materialmente, ha preso parte alla divisione dei diritti televisivi.
La scoperta dei conti del nobile esperto di finanza ha aperto un nuovo filone nell’indagine sui diritti tv (già battuta dalle Procure di Roma e Velletri) che potrebbe rivelare risvolti clamorosi. Sotto la lente dei pm sono finite le strane connessioni e gli intrecci tra Infront, l’advisor fondato da Marco Bogarelli che gestisce tutti i diritti della Seria A, e i movimenti societari della compravendita per 480 mlioni di euro (ancora in fase di perfezionamento e circondata da misteri) del 49% della società AC Milan, tra la famiglia Berlusconi e il tahilandese Mister Bee.
Le carte svizzere hanno svelato che per i diritti venduti all’estero da Infront la Lega incasserebbe una cifra ben inferiore a quella ottenuta dalla società a cui li gira. Inoltre l’advisor del calcio italiano, oggi controllato dalla multinazionale cinese Wanda group, oltre alla cessione all’estero dei diritti della Serie A è anche entrata direttamente in quote societarie di alcune squadre, come avvenuto nel caso del Bari, del Brescia e del Parma. È probabile che proprio dall’analisi delle carte e delle attività della Infront, la Procura di Milano abbia aperto il fascicolo che vuole accertare cosa si nasconda e chi guadagna realmente dietro al milionario business del calcio.
Fonte: La Repubblica