Crtv: urgente cambio di passo in vista del nuovo digitale terrestre DVB T2

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Crtv (Confindustria Radio TV) chiede un cambio di passo in vista dell’arrivo del nuovo digitale terrestre (DVB-T2) e del rilascio della banda 700 Mhz con l’avvio della campagna di comunicazione e degli incentivi alla rottamazione delle frequenze e dispositivi tv.

Il settore televisivo chiede un’accelerazione nel proces­so che porterà entro il giugno 2022 all’avvento della nuova TV. Quella TV che avrà abbandonato la banda 700 Mhz a favore del 5G delle tlc e sarà passata a trasmettere con il nuovo digitale terrestre di seconda generazione.

Crtv chiede al governo quindi un cambio di passo necessario già da oggi, perché entro quel­la data le famiglie italiane dovranno aver sostituito (o abbinato a un decoder) 30 milioni di televisori obsoleti, 9 milioni dei quali già a settembre 2021, data in cui si terrà sempre il DVB-T ma la codifica passerà all’Mpeg4, e solo i ricevitori che già ricevono l’alta definizione saranno ancora compatibili. Questo considerando soltanto le abitazioni principali.

L’appello della Confindustria delle televisioni è arrivata ieri du­rante un incontro organizzato dal Corecom Lombardia, il comi­tato regionale per le comunica­zioni presieduto da Marianna Sala, dedicato agli effetti che il passaggio al 5G e quindi l’abban­dono della banda 700 porterà al sistema televisivo locale.

Bian­ca Papini, coordinatore della commissione tecnica di Crtv, ha chiesto appunto «Un cambio di passo e la promozione di un Green Deal TV per incentivare tutte le famiglie al riciclo degli apparecchi TV obsoleti. Un incentivo ulteriore rispetto al Bonus TV, perché quest’ultimo riguarda solo le solo famiglie meno ab­bienti (50 euro per chi ha un Isee inferiore ai 20 mila euro)». Una rottamazione dei vecchi tv, insomma, con incentivi per l’acquisto di nuovi modelli.

Da subito, però è necessaria una campagna di comunicazione continua e diffusa, per tutta la durata del processo, un  adeguamento del monitoraggio sulle dotazioni TV delle famiglie, una garanzia di approvvigionamento dei terminali TV sugli scaffali per i picchi di domanda, l’estensione e la semplificazione dell’accesso al bonus TV.

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Per il settore delle emit­tenti locali, poi, questo processo può avere effetti molto negati­vi perché prevede una serie di passaggi che a oggi, denunciano le associazioni di settore, sono in ritardo: l’assegnazione delle frequenze agli operatori di rete, la formazione delle graduatorie per i fornitori di servizi media audiovisivi (i canali che saranno trasportati dai primi), l’assegnazione delle nuove numerazioni LCN entro il 1° settembre 2021.

Senza contare che non è ancora stato emanato il decreto ministeriale che fissi le modalità di attribuzione degli indennizzi alle tv locali che disattivano le proprie frequenze. «È inimmaginabile che tali procedure avvengano per tutte le aree tecniche con tempisti­ che diverse fra loro», ha detto Maurizio Giunco, presiden­te dell’associazione tv locali in Crtv, «il rischio è che si produ­cano ricorsi amministrativi che contribuirebbero a dilatare ulteriormente i tempi con gra­ve rischio per tutto il comparto. Questo nostro non è un auspicio, è un grido d’allarme. Le televi­sioni locali non possono essere chiamate a disattivare le loro frequenze senza che il proces­so di refarming sia completato in ogni sua parte».

«Il ministero, il governo e l’au­torità devono rispettare i tempi previsti dalle disposizioni», ha ribadito Fabrizio Berrini, se­gretario nazionale di Aeranti­-Corallo, «c’è un ritardo di 7/8 mesi e non per colpa del Covid perché eravamo in ritardo anche prima: sia chi vuole lasciare la propria frequenza sia chi vuole continuare a trasmettere in questo momento non sa come fare».

Le tv locali, però, oggi come non mai hanno un loro posto nel sistema radiotelevisivo. «Il 2020 è stato un anno di grande trasformazione dell’intero sistema. Complice la fase dell’emergenza da coronavirus, è emersa la grande centralità del mezzo televisivo, compresa l’emitten­za locale», ha detto Massimo Scaglioni, professore ordina­rio in storia dei media ed eco­nomia e marketing dei media presso l’Università Cattolica di Milano e responsabile del Certa (Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi ).

«Si sono evidenziati il ruolo di vicinanza al territorio, la ca­pacità di informare. I dati di ascolto, per esempio, mostrano come siano cresciute molto le emittenti nelle aree più colpite come la bergamasca e la zona del bresciano. Contemporane­amente quest’anno segna un cambiamento importante nel­le abitudini di fruizione degli italiani, con la crescita sempre più evidente dell’on demand. Questo è un aspetto da tene­re in considerazione nel ride­finire le politiche dei prossimi anni e deve riguardare anche le emittenti locali».

Il Certa ha anche realiz­zato una ricerca, presentata da Anna Sfardini e Paolo Carelli, che ha evidenziato gli effetti sul sistema radiote­levisivo locale dell’abbandono della banda 700. Sfardini ha spiegato che dal lavoro sono emerse una serie di criticità legate al rischio di perdere questo punto di riferimento per il territorio. «Oltre al tema delle frequenze c’è anche quel­lo della numerazione LCN, che le tv locali vadano a finire su numeri che le facciano spari­re. Poi il grande problema del­la disomogeneità territoriale: ci sono regioni in cui gli inve­stimenti necessari per gli ade­guamenti non sono sostenibili, sia per la transizione attuale sia per il futuro con la sfida degli over the top che si ripercuote anche a questi livelli».

Fonti: ItaliaOggi | confindustriaradiotv.it

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