Era solo questione di tempo: tra il rilancio delle crisi economiche e i pasticci degli Switch-off in corso, ora è giunto il momento del caos delle frequenze tv. Dopo le minacce, infatti, arrivano gli annunciati ricorsi da parte delle emittenti locali contro la sottrazione forzata dei canali televisivi da parte del Ministero dello sviluppo economico. Frequenze tv (sugli 800 MHz) già vendute per quasi 3 miliardi di euro alle compagnie telefoniche per le nuove tecnologie della banda larga mobile.
Il gruppo Mediapason, terzo gruppo televisivo privato italiano con dieci canali in Lombardia e Piemonte tra i quali Telelombardia, è la prima azienda tv privata pronta a ricorrere anche in sede europea, individualmente o in associazione con altre tv locali, contro l’esproprio delle frequenze UHF 61-69 disposto dal governo. Lo ha dichiarato il suo presidente, Sandro Parenzo, a margine della presentazione del programma di Michele Santoro ‘Servizio Pubblico’, che sarà trasmesso ogni giovedì da una rete di tv regionali, sul canale 504 di Sky e su alcuni siti Internet.
Nel mirino dei ricorsi delle emittenti regionali c’è però anche il famoso beauty contest del digitale terrestre, cioè il concorso di bellezza, sempre indetto dal MSE, che assegnerà gratuitamente 6 frequenze del cosiddetto dividendo interno alle sole tv nazionali. Inoltre le azioni giudiziarie riguarderanno anche la mancata redistribuzione di una parte del canone Rai alle tv locali che offrono un servizio d’informazione.
Le disposizioni dell’Unione Europea, e gli stessi regolamenti dell’asta LTE, che ha recentemente venduto le licenze d’uso dei canali 61-69 UHF alle telco, prevede che le stesse frequenze siano liberate entro la fine del 2012. Ma Parenzo suggerisce alle compagnie di telefonia mobile di non contarci troppo. «Ci sono i margini per parlare di incauto acquisto». A suo parere un buon successo dell’operazione Santoro può infatti dare alle tv locali «più peso al tavolo delle trattative con il Governo». In più si avvicina il periodo elettorale, «nel quale in genere ci si ricorda di noi». Quanto al ricorso, ha aggiunto, «penso che la sede più opportuna sia quella europea. Abbiamo già avuto i primi contatti a livello di federazione». In realtà le emittenti locali e le associazioni di categoria sono costrette a chiedere giustizia in Europa, perchè rivolgendosi presso i tribunali amministrativi italiani, in caso di vittoria nei ricorsi, non potranno in nessun caso ottenere la restituzione di diritti d’uso dei canali, per diretta disposizione di legge emanata dal governo.
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