Pubblicità online: in Italia Facebook sfida Google

In Italia l’unico mercato della pubblicità in crescita è quello di Internet (+18% nel primo quadrimestre  2011, dati Nielsen). Ma questo mercato dell’advertising online è monopolizzato dal colosso del web, cioè Google, che si aggiudica circa la metà di una ricca torta che supera il miliardo di euro. In pochi anni BigG, con circa 110 dipendenti e con sede in Irlanda, è divenuta la quinta concessionaria di pubblicità del paese,  lavorando su ogni mezzo digitale possibile: dal motore di ricerca a YouTube, dalle mappe e i display di DoubleClick a Gmail.

D’ora in avanti però dovrà fare i conti con un competitor sempre più minaccioso: Facebook. Il social network più famoso del mondo, infatti, è una vera e propria mania del Bel Paese, con 20 milioni di utenti registrati e 12 milioni attivi nel giorno medio, e sta costantemente scalando posizioni nel mercato dell’adv online. Le stime indicano che l’azienda di Mark Zuckerberg raccolga in Italia circa 55 milioni di euro l’anno con una pubblicità sempre più personalizzata, e le previsioni mostrano una crescita rapidissima.

I due giganti puntano a estendere il loro dominio anche sui servizi mobili. Facebook sta studiando una nuova piattaforma per gli smartphone per contrastare Android di Google, che da parte sua controlla AdMob, una concessionaria che raccoglie pubblicità per le applicazioni offerte sul market Android. La società di Mountain View è spesso accusata di fornire servizi di news online che «rubano» le notizie degli editori, senza pagare il corrispettivo dovuto. Ma gli ultimi accordi con gli stessi editori e i broadcaster consentono a BigG di convogliare il 40-50% del traffico che arriva ai siti web dei publisher che genera una buona fonte di ricavi pubblicitari.

Nonostante tutte le rassicurazioni, i quasi monopolisti di Internet fanno paura. Tanto che molti ritengono che il nuovo (e contrastato) regolamento sul copyright digitale che l’Agcom ha promesso per settembre sia un tentativo di limitare il loro potere di mercato.

Fonte: Corriere economia

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