Attacchi informatici, censura politica e il controllo statale sulle infrastrutture Internet sono tra le minacce più forti alla libertà su Internet, secondo Freedom on the Net 2011: A Global Assessment of Internet and Digital Media, il nuovo studio pubblicato da Freedom House. Questi attacchi alla libertà di Internet arrivano in un momento di crescita esplosiva sul numero di utenti Internet in tutto il mondo, che è raddoppiata negli ultimi cinque anni. I governi stanno rispondendo alla crescente influenza del nuovo mezzo, cercando di controllare l’attività on-line, limitando la libera circolazione delle informazioni, e violando i diritti degli utenti.
Freedom on the Net 2011 individua le tendenze chiave nella libertà su internet in 37 paesi. La libertà in Rete valuta ogni paese sulla base di ostacoli all’accesso, limitazioni sui contenuti, e le violazioni dei diritti degli utenti. Lo studio ha rivelato che l’Estonia ha il maggior grado di libertà su internet tra i paesi esaminati, con gli Stati Uniti che si classificano al secondo posto. L’Iran ha ricevuto il punteggio più basso in merito alla libertà in rete. Undici paesi sono stati classificati come “non liberi”, tra cui la Bielorussia, Birmania, Cina, Cuba, Arabia Saudita e la Thailandia.
Paesi a rischio: nell’ambito della sua analisi, la Freedom House ha individuato una serie di paesi importanti che sono visti come particolarmente vulnerabili nei prossimi 12 mesi: Giordania, Russia, Venezuela e Zimbabwe. In risposta alla crescente popolarità su Internet di Facebook, di YouTube, e Twitter, molti governi hanno iniziato a prendere di mira le nuove piattaforme come parte delle loro strategie di censura. In 12 dei 37 paesi esaminati, le autorità costantemente o temporaneamente cercano di porre divieti totali a questi social network.
Blogger, giornalisti online e attivisti dei diritti umani, così come la gente comune, sempre più spesso affronta l’arresto e la detenzione per i loro scritti online. In 23 dei 37 paesi, tra cui vari Stati democratici, almeno un blogger o un utente di Internet è stato arrestato a causa delle sue comunicazioni online.
Un totale di 15 dei 37 paesi esaminati si sono impegnati per un sostanziale blocco dei contenuti politicamente rilevanti ritenuti scomodi. In questi paesi, i blocchi ai siti web non sono sporadici, ma piuttosto il risultato di una politica atta a limitare l’accesso agli utenti alle informazioni, compresi i siti web delle agenzie di stampa indipendenti e i gruppi a sostegno diritti umani. In 12 dei 37 paesi esaminati poi, le autorità hanno usato il controllo delle infrastrutture per limitare l’accesso diffuso ai contenuti politicamente e socialmente controversi, e in casi estremi, hanno tagliato l’accesso a Internet.
Nello studio di Freedom House l’Italia è stata segnalata, insieme all’Australia e all’Indonesia, come paese il cui governo ha proposto leggi che potrebbero permettere il filtro automatico del traffico della rete da parte degli ISP, e creare un controllo statale dei contenuti multimediali, in modo da imporre delle disposizioni di controllo preventivo ai siti web che diffondo video coperti da copyright e trasmissioni televisive. Queste misure proposte dal governo italiano, parzialmente ritirate, secondo il rapporto Freedom on the Net, mettono a rischio la libertà di espressione online nel paese, e hanno indirettamente causato un certo numero di controverse decisioni giudiziarie (ad esempio la sentenza Google del caso Vividown).
Fonte: IAB Italia Blog | Documento integrale Freedom on the Net 2011