Franco Bernabè, consulente speciale per DAZN, dichiara che il nuovo accordo tra TIM e l’OTT inglese sarà una spinta verso il rafforzamento digitale dell’Italia. Il futuro della TV è lo streaming.
Franco Bernabè (due volte CEO di Telecom Italia, da febbraio senior strategic advisor di DAZN) intervistato da Il Sole 24 Ore afferma che la trattativa fra TIM e DAZN appena conclusa (fine dell’esclusiva che legava la app sul decoder TIMVISION) attiene a una sfera commerciale «che va tenuta distinta dalla reale portata strategica». Perché «la collaborazione sul versante tecnologico fra DAZN e TIM è preziosa. Non considerarla per il miglioramento della qualità della rete in Italia significherà sprecare un’enorme occasione».
La partenza ha risentito di problemi tecnici che, però, Bernabè si sente di escludere per la nuova stagione di Serie A ai blocchi di partenza: «Sono stati fatti investimenti importanti. La stessa Autorità ha riconosciuto un cambio di passo con il nuovo management. E sarà una Serie A che partirà senza problemi».
Secondo Bernabè quella di DAZN «non va considerata solo come l’esperienza di un fornitore di un servizio alternativo alla Tv lineare o attraverso cui fruire di eventi sportivi in maniera differente rispetto ai mezzi tradizionali». Piuttosto è «un’occasione per il rafforzamento digitale del Paese».
«Il mercato televisivo si sta evolvendo rapidamente e il modello dello streaming è in fase di definizione. Ma il declino della Tv lineare è sotto gli occhi di tutti. I broadcaster, a partire da Mediaset, la pensano diversamente ed esibiscono dati di audience e di raccolta pubblicitaria molto importanti. In Italia c’è stata una situazione peculiare. La Tv in chiaro da noi ha puntato sulla qualità molto più che in altri Paesi dove quel compito è stato appannaggio delle pay tv. Ma la tendenza a livello mondiale c’è ed è chiarissima. Lo streaming, favorito dalla diffusione delle connected Tv, diventerà la forma più importante di fruizione di contenuti audiovisivi. E quelli sportivi sono contenuti pregiati, sicuramente i più attrattivi».
Però il primo anno della Serie A su DAZN non è propriamente l’emblema di un successo. L’accordo con Sky, seguito a quello con TIM, non è indicativo delle grandi difficoltà dello sport attraverso lo streaming?
«Come per l’accordo con TIM, occorre distinguere gli aspetti commerciali dagli altri. L’intesa con Sky si traduce in possibilità in più per gli utenti. Ma la validità del modello dello sport in streaming resta centrale. Il tutto all’interno, come ho detto, di un quadro in evoluzione come testimoniano i grandi deal cui stiamo assistendo. Penso ad Amazon che acquisisce Mgm o anche Discovery che fa sua WarnerMedia. Qui però sta il punto: l’avanzare dello streaming non può che avere un impatto sulle reti di Tlc che non erano concepite per un carico così importante. E questo vuol dire investimenti. Degli OTT come DAZN, ma anche delle società di telecomunicazioni, TIM in primis per l’Italia. In questo caso c’è poi tutto un passato di innovazioni e investimenti da ricordare. Il protocollo di streaming video, l’Mpeg, è stato sviluppato grazie a Telecom Italia e al suo centro di ricerca di Torino: lo Cselt».
Il gruppo DAZN sta collezionando perdite. In Uk si è vista superare da Discovery nel deal con Bt Sport. E sono ricorrenti le voci di una vendita da parte di Len Blavatnik.
«Lei pensa che chi ha investito 4,3 miliardi abbia intenzione di buttare via l’investimento colossale che ha fatto? Io penso invece che lo streaming rappresenti il futuro e un modello di business di successo. Che sarà trainato dai contenuti sportivi».
Fonte: Il Sole 24 Ore