Auditel: nel 2020 streaming dominante, ma c’è ancora troppo divario digitale

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Nella relazione annuale di Auditel si registra una crescita vertiginosa del consumo dello streaming. Ma 3,5 milioni di famiglie in Italia sono prive di connessioni internet.

La Relazione Annuale 2021 Auditel, tenutasi ieri in Parlamento dal presidente Andrea Imperiali, lancia un grido dall’allarme chiaro rivolto alle autorità politiche che regolamentano il settore delle comunicazioni: tre milioni e mezzo di famiglie italiane non hanno ancora una connessione a Internet. «Famiglie che rischiano di essere totalmente emarginate dalle dinamiche sociali in atto»

La denuncia arriva dalla società che misura gli ascolti TV durante la relazione di ieri in Parlamento alla presenza del sottosegretario allo sviluppo economico, Anna Ascani, del sottosegretario all’editoria Giuseppe Moles, del presidente della vigilanza Rai, Alberto Barachini, e del presidente Agcom Giacomo Lasorella.

Il divario digitale «è una realtà inaccettabile sulla quale è urgente intervenire», sprona Imperiali. Soprattutto perché con la pandemia sono diventati «nuovo ordinario» il telelavoro, la didattica a distanza, le riunioni in Rete, l’acquisto online insieme con la scelta sempre più diffusa di immergersi nei video online. Il presidente di Auditel parla di un vertiginoso incremento della «TV fuori del televisore», ossia vista su cellulari, tablet e computer dove gustarsi eventi in diretta o film e serie on demand. 112 milioni sono gli schermi presenti nelle case degli italiani, molti connessi in Rete e pronti per lo streaming.

«Nel 2020 – chiarisce Imperiali a Palazzo Giustiniani a Roma – le visualizzazioni dei contenuti TV sui device digitali sono aumentate del 63% e il tempo speso del 136%». Non solo. «Il consumo di video cresce 30% su base annua per i prossimi quattro anni». Insomma lo streaming segna il quotidiano degli italiani. E, aggiunge il presidente, «la TV viene rimessa al centro della scena mediatica» seppur grazie alla Rete. Secondo una ricerca di Samsung, sulle TV connesse ormai lo streaming eguaglia il tempo della visione lineare.

Così, a causa delle restrizioni dovute al Covid, «il 2020 sarà ricordato come l’anno» in cui la Penisola «ritenuta troppo anziana per correre verso il cambiamento» ha «giocoforza compiuto un gigantesco balzo sul fronte della digitalizzazione: si è dotata di nuovi collegamenti Internet e di nuovi device; ha imparato velocemente a governarli; ha avviato una fruizione più consapevole dei contenuti multimediali».

L’emergenza sanitaria ha favorito i colossi digitali: da Facebook e Google che anno avuto «un’espansione incontrollata» ai giganti dello streaming come Amazon o Netflix. Il tutto a scapito delle TV e delle società anche italiane. «Non stiamo assistendo a una normale e normata competizione – avverte Imperiali -. Semmai, vediamo consolidarsi condizioni di concorrenza asimmetriche, sempre meno eque e uniformi. Accresciute da uno squilibrio crescente tra la dimensione globale e quella locale degli operatori europei. Non è esagerato affermare che se non interverranno correttivi urgenti, la cosiddetta democrazia digitale rischia di essere inghiottita da un’oligarchia dispotica».

E dire che i network italiani hanno risposto al boom del web incrementando l’offerta digitale, riprogettando i programmi per essere visti anche via Internet: valorizzando gli archivi, usando in modo nuovo i social. E anche l’Auditel intende proporre un nuovo sistema di rilevamento dell’audience che consentirà di monitorare una trasmissione non solo in TV ma su ogni dispositivo (Total Digital Audience). «Nessuno l’ha ancora realizzato. Ma per il nostro Paese è solo questione di tempo», annuncia il presidente. E invita a favorire «l’inclusione digitale di tutte le famiglie» ricorrendo, da un lato, all’allargamento della copertura della banda ultra-larga e, dall’altro, al passaggio al DVB-T2 con la rottamazione dei vecchi televisori.

Fonti: Corriere della Sera | Avvenire

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