Il mercato della pubblicità tv vale 3,5 miliardi. E l’allargamento del campione Auditel potrebbe cambiare gli equilibri.

Auditel è tornato. Ma da sorvegliato speciale. Alla fine le due settimane di riflessione hanno portato a questo compromesso: il panel delle 5.600 famiglie, «inquinato», come si dice in gergo, per il 75%, non poteva certamente essere cambiato in così poco tempo. Anzi: c’è da domandarsi se si riuscirà a rinnovarlo completamente entro la fine di maggio, deadline data dalla stessa società dopo il consiglio di amministrazione che si è tenuto la scorsa settimana.

E non è una sfida da poco se si pensa che, anche dalle rilevazioni dell’Auditel, dipende la suddivisione del mercato pubblicitario televisivo che vale circa 3,5 miliardi l’anno, il 47% di un business totale di 7,6 miliardi. Due conti della serva aiutano: una volta le famiglie venivano estratte dalle Pagine Gialle. Era il più completo schedario della popolazione italiana quando esisteva una cosa chiamata telefono fisso. Oggi tra maggiore sensibilità alla privacy, estinzione del fisso e morte delle Pagine Gialle, le liste di persone si comprano. Avete presente quella volta in cui avete dato sciattamente il consenso per avere qualche tesserina premio o sconto? Ecco, siete finiti in qualche lista cedibile per altri fini.

Dunque, una volta costruito il panel rappresentativo della «nuova Italia davanti al televisore» a quel punto il delicato file con la mappa di coloro che dovrebbero essere contattati viene trasferito a Nielsen che fa scattare l’operazione convincimento. Telefonata, domande di rito, valutazioni. Mettiamo che senza esitare le persone dicano subito di sì. Scatta la seconda operazione: il montaggio del «meter» in casa. A questa fase lavorano un centinaio di tecnici, a meno che, vista la criticità della situazione attuale che aveva portato all’oscuramento dell’indice Auditel per due settimane, non si stia decidendo di usare le forze speciali.

Comunque il grosso problema è l’appuntamento: i tecnici lavorano in orari d’ufficio, dal lunedì al venerdì. Dunque, riuscire ad entrare fisicamente in casa per collegare gli apparati dell’Auditel richiede tempo. Una volta ottenuto l’appuntamento, poi, servono anche 4 ore di lavoro a seconda della complessità di cavi, televisioni, console e home theater. Per chiudere il cerchio bisogna sapere che per diverse settimane le nuove famiglie devono restare sotto osservazione per vedere «se fanno le furbe». Insomma, cambiare l’intero panel è un’operazione «monstre» per niente facile. Ed è per questo che bisogna procedere continuando ad usare quello «inquinato», salvo richiedere a Kpmg la certificazione dello «share».

E poi? «Sono curioso di vedere cosa accadrà dopo che l’Auditel avrà, come annunciato, modificato o ampliato il suo campione. Se è vero che le famiglie diventeranno 15 mila, avremo risultati sconvolgenti perché ci si accorgerà di quello che sostengo da tempo: la tv generalista è vista da un pubblico di persone dai 55 anni in su» ha detto un decano del piccolo schermo come Maurizio Costanzo durante i giorni di silenzio Auditel. Appunto: a guardare quel dato che ancora oggi regola gli investimenti pubblicitari — in media gli italiani dai quattro anni in su passano 4 ore al giorno davanti alla televisione intesa come monolitico schermo da salotto — c’è da rimanere di stucco. Sembra il risultato di una rilevazione su un esercito di pensionati (e peraltro non possiamo non ricordare che in effetti la demografia italiana va in questa direzione). Però il numero tondo sembra confliggere apertamente con quella che è la nostra osservazione quotidiana che, non può avere un peso statistico. Bisognerà fare come consiglia Costanzo: aspettare e vedere.

L’allargamento del panel a 15 mila persone, peraltro, è più un affiancamento di due panel visto che, da quanto è emerso da un contatto del Corriere della Sera con una delle nuove famiglie, per il cosiddetto «superpanel» non è previsto il prezioso telecomando con il quale va segnalato chi si trova davanti all’apparecchio televisivo. Dal punto di vista statistico per misurare l’attendibilità del panel Auditel bisognerebbe conoscere il margine di errore con il quale la società lavora: questo dato — come si evince dal sito dell’Agcom — non è noto. È considerato una sorta di segreto industriale. E si capisce perché. Teoricamente dovrebbe rimanere all’interno del 2% ma già le trasformazioni demografiche in corso negli ultimi anni in Italia rendono questo limite difficile da garantire.

Pensiamo all’immigrazione. Quanto è rappresentata nel panel? Un altro aspetto è quello della rotazione delle famiglie all’interno del nucleo di rilevazione: ogni quanto avviene? Tra le voci del settore — senza conferme — c’è quella dei cosiddetti highlander, famiglie che rimangono a lungo nel panel. In realtà sembra che ci siano delle famiglie affidabili pronte ad essere chiamate in caso di problemi, per esempio quando un terremoto o un altro evento grave fa saltare per diversi giorni il collegamento con alcuni componenti.

Insomma, è una dura vita quell’Auditel. Ma quella che si paventa nei prossimi mesi potrebbe essere ancora più dura. Anche perché rimane un’incognita la reazione che potrebbero avere le famiglie la cui privacy è stata violata.

Fonte: CorrierEconomia

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Redazione
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