Garante Privacy: “Nessuna censura a Internet, è uno spazio di democrazia”

Nell’annuale relazione 2010 l’Autorità Garante della Privacy dichiara che la censura sul Web è una forma di autoritarismo del potere, ma si può tutelare la sicurezza degli utenti senza ostacolare l’innovazione.

Uomini e dati, un binomio inscindibile, che lega nella società contemporanea la vita fisica di ogni individuo alle informazioni in una nuvola di dati. Un cloud, fatto non solo di numeri di cellulari e pin del bancomat, ma di informazioni sulla posizione geografica, elenchi di consumi, profili, immagini, video condivisi sui social network, a cui si accede da Internet, ha spiegato Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità Garante della Privacy, nella sua relazione annuale, illustrata giovedì mattina a Montecitorio.

Ma la Rete è uno spazio di democrazia e le tecnologie che su di essa operano sono anche uno strumento fondamentale che promuove la libertà, come dimostra l’uso che ne è stato fatto nei moti popolari in Nord Africa. Un luogo di libera espressione che deve essere tutelato dalle censure e dai controlli repressivi invocati dalle ragioni di sicurezza.

«La tutela della privacy non è un ostacolo all’innovazione. Le ragioni di sicurezza possono essere invocate anche per chiedere e ottenere forme di controllo sulle reti e sui contenuti delle comunicazioni. E’ su questo terreno che si colloca il pericolo di un controllo oppressivo e repressivo, che può limitare la libertà dei cittadini e vanificare la grande risorsa positiva della rete come comunicazione globale». – ha aggiunto Pizzetti – «La rete è oggi anche lo spazio politico in cui si combatte la lotta tra democrazia e repressione. Solo la comunità internazionale può, sulla base di regole e diritti da tutti riconosciuti, impedire boicottaggi e censure che rafforzino, con nuove forme di repressione, l’autoritarismo del potere».

«Allo stesso tempo è necessario proteggere gli utenti dall’uso di una rete senza regole, esposta a tecnologie ogni giorno più invasive e a rischi potenzialmente devastanti. Nel rapporto tra sicurezza e controllo, tra protezione e proibizione, fra difesa e oppressione della libertà, è fondamentale il riconoscimento di principi comuni e condivisi», ha spiegato Pizzetti.

Pizzetti fa alcune considerazioni anche sugli smartphone, i telefoni cellulari di ultima generazione con capacità di geolocalizzazione. «Usandoli, ognuno di noi è, quasi sempre inconsapevolmente, un Pollicino che ha in tasca il suo sacchetto di sassolini bianchi che escono uno ad uno per segnarne gli spostamenti», osserva Pizzetti. I rischi connessi agli smarthphone e alle loro applicazioni «derivano essenzialmente dal fatto che i nostri telefonini sono costantemente localizzati, e che il gran numero di dati e informazioni in essi contenuti, dalle rubriche telefoniche all’agenda, dalle foto alle annotazioni, possono essere conosciuti, trattati, conservati, utilizzati da soggetti dei quali non abbiamo consapevolezza né controllo». Per questo, secondo Pizzetti, per le nuove tecnologie serve una “informativa di rischio” simile a quelle dell’usa dei farmaci o sui pericoli dell’eccessiva pubblicità.

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